Il Decreto rilancio apre le porte al territorio prevedendo anche un aumento degli infermieri per arrivare a 8 ogni 50mila abitanti: 9.600 in più come da tempo chiedeva la Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi) per dare il via alla figura dell’infermiere di famiglia/comunità durante la pandemia, anche se a regime ne serviranno secondo la Federazione almeno 20mila. In un primo tempo le assunzioni sono previste fino a fine anno, dal 2021 saranno stabilizzate a tempo indeterminato.“Questo passo – sottolinea Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi – riconosce la necessità già scritta da Governo e Regioni nel Patto per la salute 2019-2021 di introdurre a pieno titolo la figura dell’infermiere di famiglia/comunità. E non solo come supporto alla prima linea di Covid-19 che si sposta ormai sul territorio, ma anche per l’assistenza sempre necessaria a cronici e fragili non Covid”. Una figura che col Decreto Rilancio viene confermata e istituita “per legge”, aprendo la porta alla sua istituzione omogenea su tutto il territorio nazionale. Dove l’infermiere di famiglia/comunità è già attivo infatti (ad esempio Friuli-Venezia Giulia, ma lo ha regolamentato anche la Toscana che lo affianca già in micro-équipe ai medici del territorio, mentre altre Regioni hanno deliberato la sua introduzione), ha già dato risultati eccellenti: riduzione del 20% dei “codici bianchi” al pronto soccorso, del 10% delle ospedalizzazioni, interventi più rapidi sul territorio. Da questo primo passo la Fnopi auspica un nuovo modello omogeneo di assistenza sul territorio con la stabilizzazione di queste nuove forze: figure strutturate e riconosciute a livello formativo. Per la Federazione occorre inoltre prevedere un ampliamento dell’organico anche in terapia intensiva. Gli standard nazionali e internazionali indicano per ogni 8 posti letto di terapia intensiva 24 infermieri e 12 ogni 8 posti letto di terapia sub-intensiva: circa 17mila in più. Secondo gli standard internazionali, ogni infermiere dovrebbe assistere in media non più di sei pazienti per ridurre il rischio di mortalità del 20-30%, ma ci sono regioni dove il rapporto raggiunge 1 ogni 16 e comunque non si scende sotto 1 ogni 9. E per le terapie intensive il dato è più rigido: un infermiere specializzato nell’emergenza dovrebbe seguire al massimo poco più di un paziente e due in sub-intensiva per garantire un’assistenza all’altezza della gravità dei ricoveri.