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Pensare al futuro sotto la tempesta dei dati economici negativi

L’emergenza richiederà un ruolo più forte dello Stato e delle strutture regionali pubbliche nelle imprese. Da una parte si teme una maggiore invasività della politica e scarsa efficienza, dall’altra vengono immessi soldi pubblici (cioè di tutti) e qualche controllo ci vorrà. Di tutto questo si sta discutendo per preparare il Decreto Legge di maggio atteso a breve. Metterà a disposizione 55 miliardi, altri arriveranno dall’Europa e da organismi sovranazionali. La liquidità straordinaria serve per l’emergenza, meglio se saprà anche indicare un percorso

(Foto ANSA/SIR)

Una caduta del 4,7% della ricchezza prodotta nel primo trimestre, con un peggioramento ad aprile. In un anno il Pil (Prodotto interno lordo) calerà in Italia del 9,5% e gli economisti della Commissione Ue assegnano un – 7,7% all’intera Eurozona. Con la speranza di un significativo rimbalzo nel 2021 dove però solo cinque Paesi torneranno ai livelli pre-pandemia. Germania innanzitutto, Austria, Croazia, Slovacchia e Polonia. Mentre Italia, Spagna e Grecia faticheranno più degli altri a conferma che il virus ha colpito tutti, è stato “simmetrico” come dicono gli scienziati ma in economia produrrà effetti “asimmetrici”. Qualcuno perderà più degli altri. Con i dati di caduta occupazionale, degli ordini, dell’export e del deficit bisognerà fare i conti.

Il virus economico ha trovato aree già fragili. La tenuta di Paesi geograficamente vicini alla Germania non deve ingannare. Le economie più rappresentative (come Francia, Belgio e altri) resteranno frenate fino alla fine del prossimo anno. Nemmeno i più pessimisti potevano immaginare un 2020 così nefasto, funereo per le persone e catastrofico per le economie.

Realisticamente è probabile una cassa integrazione prolungata e il sussidio per chi in qualche modo è tutelato. Prestiti a tasso zero o quasi zero hanno la stessa funzione di sussistenza per le imprese. Tanto più la ripresa sarà rapida (simboleggiata da una ripartenza a “V” contrapposta alla più lenta “U”) tanto più la botta potrà essere riassorbita. Gli aiuti non possono durare per sempre.

Non può essere questa la normalità per l’economia italiana, sarebbe uno scenario da vitto e alloggio. Quando va bene. Se gli investimenti non ci sono si spegne il futuro, se il denaro non gira spariscono quei lavori e lavoretti, non sempre ufficializzati, che assicuravano comunque delle entrate. L’area di povertà si sta allargando e lo sanno bene i Comuni, gli enti di assistenza, le attività di ascolto e supporto laiche e religiose.

Tenere viva la speranza e dare lavoro, anche temporaneo e magari suddiviso con altri, è salvaguardare la dignità e la professionalità. Che è molto di più di un’entrata economica. Collegare il lavoro con la formazione può essere interessante per le imprese e per i loro collaboratori.

Il risparmio degli italiani è tanto (3.300 miliardi di ricchezza finanziaria netta) e, pur maldistribuito fra i tanto ricchi e i tanto poveri, sta aiutando. Crisi del debito pubblico, che ormai vengono lette solo per lo spread (differenza di rendimento fra obbligazioni decennali pubbliche, in particolare fra Italia e Germania), non sembrano all’orizzonte nonostante a Karlsruhe la Corte Costituzionale tedesca abbia posto un dubbio di operatività eccessiva della Bce (Banca centrale europea).

Fra gli economisti, e anche nel Governo italiano, si stanno confrontando due idee: convogliare il grande flusso di denaro fornito dalla banche centrali a reintegro dei guadagni perduti per colpa del virus, quindi “a pioggia”; oppure indicare nella fase di rilancio l’economia del futuro. Qualcosa era già nell’aria: il Green Deal della Ue, l’agricoltura che riduce le distanze fra luoghi di produzione e consumo, tecnologie digitali più diffuse nel territorio e tanta formazione nel saperle usare per non creare nuova diseguaglianza sociale. Un turismo meno frenetico dove residenti e visitatori abbiano tempo per incontrarsi. Un rilancio di tutti i settori ma non “perché tutto ritorni come prima”.

L’emergenza richiederà un ruolo più forte dello Stato e delle strutture regionali pubbliche nelle imprese. Da una parte si teme una maggiore invasività della politica e scarsa efficienza, dall’altra vengono immessi soldi pubblici (cioè di tutti) e qualche controllo ci vorrà. Di tutto questo si sta discutendo per preparare il Decreto Legge di maggio atteso a breve. Metterà a disposizione 55 miliardi, altri arriveranno dall’Europa e da organismi sovranazionali. La liquidità straordinaria serve per l’emergenza, meglio se saprà anche indicare un percorso.

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