Una dichiarazione sulla dottrina sociale della Chiesa ortodossa è stata pubblicata e diffusa in tutto il mondo in 12 lingue. È la prima volta che il mondo ortodosso nel suo insieme scende in campo e sotto l’egida del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli prende una simile iniziativa, spinto dalla necessità di affrontare in maniera composita le sfide sempre più complesse del mondo moderno. Il documento – dal titolo “Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa Ortodossa” e consultabile sul web – si suddivide in 9 paragrafi che includono una introduzione ed una conclusione e i diversi temi trattati: la Chiesa nella sfera pubblica; povertà, ricchezza e giustizia civile; Guerra, pace e violenza; relazioni ecumeniche e relazioni con altre fedi; ortodossia e diritti umani; scienza, tecnologia, mondo naturale. All’interno di questi macro-temi, vengono affrontate tematiche che riguardano il cambiamento climatico, il consumismo, la democrazia e il razzismo, le donne, il matrimonio e il divorzio, il monachesimo con riferimento al celibato, ma anche le grandi piaghe dell’abuso sessuale, della schiavitù e della guerra. Scopo del documento – si legge nel comunicato che lo accompagna – “è offrire un riferimento comune su questioni e sfide vitali nel mondo di oggi in modo coerente alla visione cristiana ortodossa”. Un “punto di vista” assolutamente non dogmatico – spiegano al Sir fonti del Patriarcato – sui grandi temi del mondo moderno, sapendo che
solo partendo da una “visione comune” e in un confronto sempre aperto, la Chiesa può porsi in dialogo con l’uomo contemporaneo e avere una parola evangelica per la storia di oggi.
È la prima volta nella storia ortodossa, che viene presa una simile iniziativa. Tutto nasce nel 2016, nell’ambito del Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa che si è tenuto a Creta: in quella occasione i rappresentanti e i leader delle Chiese ortodosse hanno cercato di affrontare le questioni che attraversano il mondo contemporaneo ma il Patriarca ecumenico Bartolomeo I capì che era necessario proseguire, “nello spirito del Concilio”, questo sforzo. Ha così nominato una commissione speciale di teologi nel 2017 che con il contributo delle diverse chiese, ha redatto un documento che è poi stato presentato e approvato lo scorso anno dal Sinodo. Storica è anche la composizione della Commissione stessa: a partecipare alla stesura del documento, non c’erano solo “gerarchi” della Chiesa e neanche solo membri del clero ma laici, tra cui due donne. Tutti comunque teologi e studiosi provenienti da Europa e Asia, nonché dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. Il testo ha avuto l’approvazione del Patriarca ecumenico che ha dato il via alla “sua pubblicazione formale come frutto di un lavoro teologico collettivo” portato avanti con “saggezza e prudenza”.
Nella prefazione al documento, il presidente della Commissione John Chryssavgis ammette: “il compito di produrre una singola dichiarazione sulla dottrina sociale della Chiesa Ortodossa è per sua natura una impresa complicata, per non dire controversa. La Chiesa Ortodossa opera all’interno di una grande varietà di contesti culturali e storici, ognuno con le proprie preoccupazioni e tradizioni sociali e politiche”. Il mondo ortodosso però prende atto che “nel nostro tempo, la Chiesa si trova spesso impreparata a rispondere alle realtà del pluralismo e della globalizzazione”. In alcuni contesti, “la Chiesa è tentata semplicemente di opporsi al mondo, spesso denunciando e disprezzando in assoluto tutte le sue forme e mode”. Nel documento, i teologi ammettono: “Troppo spesso, coloro che pretendono di parlare a nome della tradizione Ortodossa, credono che la Chiesa possa preservare la sua integrità, solo allontanandosi ciecamente dal presente e volgendosi acriticamente verso il passato, cercando rifugio in una visione pietrificata e sentimentalizzata degli ordinamenti cristiani dei primi secoli”. La tradizione “è molto più di un deposito statico ereditato dal passato” e molto più di “un ricordo delle parole dei Padri di un tempo”. È piuttosto “realtà viva e dinamica”. Per questo, nella stesura del testo, la Commissione ha cercato di evitare “astrazioni nebulose e generalizzazioni radicali” così come le “dichiarazioni semplicistiche, pietistiche o legalistiche” e un “linguaggio dai toni di giudizio o condanna”.
“Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”. “La Chiesa Ortodossa – si legge nella conclusione – vede come sua vocazione il condannare la crudeltà e l’ingiustizia, le strutture economiche e politiche che favoriscono e mantengono la povertà e la disuguaglianza, le forze ideologiche che incoraggiano l’odio e il fanatismo; ma non è sua vocazione il condannare il mondo, le nazioni o le anime. La sua missione è quella di manifestare l’amore salvifico di Dio, dato in Gesù Cristo a tutta la creazione”.