Il lockdown costa 47 miliardi al mese, 37 al Centro-Nord, 10 al Sud. Considerando una ripresa delle attività nella seconda parte dell’anno, il Pil nel 2020 si ridurrebbe del -8,4% per l’Italia, del -8,5% al Centro-Nord e del -7,9% nel Mezzogiorno. Le stime sono state diffuse oggi dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno). Dal report dell’autorevole centro-studi emergono tre questioni principali: “L’emergenza sanitaria colpisce più il Nord, ma gli impatti sociali ed economici ‘uniscono’ il Paese”; “il Sud rischia di accusare una maggiore debolezza rispetto al Centro-Nord nella fase della ripresa, perché sconta inevitabilmente la precedente lunga crisi, prima recessiva, poi di sostanziale stagnazione, dalla quale non è mai riuscito a uscire del tutto”; “occorre completare il pacchetto di interventi per compensare gli effetti della crisi sui soggetti più deboli, lavoratori non tutelati, famiglie a rischio povertà e microimprese”. La Svimez precisa che le stime considerano il solo impatto del decreto Cura Italia e che gli “ulteriori interventi espansivi potrebbero attenuare la dinamica recessiva”.
Se nel primo semestre dell’anno l’impatto dell’emergenza sarà più rilevante nelle regioni del Centro-Nord, epicentro della crisi sanitaria, così pure il “rimbalzo positivo” che ci si attende con il venir meno del blocco appare più intenso nelle regioni centro-meridionali rispetto a quelle del Sud. “Il Mezzogiorno – sottolinea ancora la Svimez – incontra lo shock in una fase già tendenzialmente recessiva, prima ancora di aver recuperato i livelli pre-crisi”: nel confronto con il 2007 mancano ancora 15 punti percentuali contro i circa 7 del Centro-Nord.