Situazioni di lontananza causate dal Covid-19 richiedono interventi di appoggio e sostegno umano: famiglie divise, solitudini, famiglie con malati psichici e lungodegenti, carcerati. Sono situazioni diverse che necessitano di approcci nuovi per una buona pastorale sociale in tempi di solitudine forzata. Attualmente i pastori nelle carceri di Berlino possono contattare esclusivamente singoli carcerati, a causa della crisi sanitaria. La cura pastorale dei detenuti è attualmente svolta in modo individuale, come ha sottolineato il pastore protestante Thomas-Dietrich Lehmann, responsabile nel centro di detenzione preventiva Moabit di Berlino. Dal 15 marzo, le celebrazioni liturgiche e i momenti di catechesi e formazione spirituale – molto spesso gestiti su base ecumenica – nelle strutture correzionali di Berlino e della Germania sono stati sospesi con decreto governativo, con l’ulteriore divieto delle attività lavorative e ludiche di gruppo. Ciò comporta un aggravio di solitudine e difficoltà per i reclusi. La cura pastorale individuale rimane per gli uomini e, naturalmente, anche per il personale giudiziario, se richiesto: “Mantenere le distanze, lavarsi le mani, nessun contatto fisico, anche qui è di vitale importanza”, ha sottolineato Lehmann. Il centro di detenzione Moabit di Berlino ha quasi 950 posti per uomini. “Come pastori, non siamo al di fuori della società”, ha detto Lehmann. “Ciò significa che noi, come dipendenti che andiamo fuori dal carcere ogni giorno, siamo potenziali fonti di pericolo per i detenuti”.