(Milano) “Avevamo immaginato un’altra Pasqua”. Con queste parole si apre il “messaggio di speranza” che l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, invia alla diocesi per il tempo pasquale. Il testo – intitolato “La potenza della sua resurrezione” – si affianca alla sezione della Proposta pastorale per il 2019-2020 (“La situazione è occasione”), fornendo alcuni spunti per rileggere “il periodo affaticato che stiamo vivendo”. Delpini scrive: “La morte è diventata vicina, interessa le persone che mi sono care”, cosa che normalmente non è usuale all’interno delle quotidiane preoccupazioni. Il pensiero va a coloro che vengono ricoverati, alle loro famiglie e a quelli che passano dalla vita terrena alla vita eterna a causa di questa pandemia. “La morte è così vicina e non ci pensavamo” e tutto questo “suscita domande che sono più ferite che questioni da discutere”. Rivolgendo poi l’attenzione agli interrogativi sulla presenza di Dio, difficili non solo per coloro che si professano non credenti ma fonte di fatica anche per chi vive una intensa vita spirituale, l’arcivescovo mostra come sia forte per tutti l’esigenza di segni che manifestino la presenza di Dio. In un tempo in cui anche chi non crede si interessa all’apertura delle chiese c’è “bisogno di segni”.
Pensando poi all’impossibilità della celebrazione comunitaria dell’Eucaristia, nonostante ora si cerchi di supplire con alcuni accorgimenti tecnici, ci si rende conto che “trovarsi per la celebrazione della messa, cantare, pregare, stringere le mani amiche nel segno della pace, ricevere la comunione è tutt’altro”. A questo riguardo l’arcivescovo di Milano sottolinea come la possibilità della ripresa delle celebrazioni sarà il segno di una ritornata normalità: “Se in questo tempo abbiamo provato l’emozione di pregare insieme in casa, abbiamo imparato che è possibile, che unisce, che non esaurisce il desiderio di incontrare il Signore e anzi fa crescere il desiderio di andare a messa”. Infine una riflessione su quanto sia necessaria la risurrezione per la nostra speranza. Infatti “quando irrompe il nemico che blocca tutto, che paralizza la città, che entra in casa con quella febbre che non vuol passare, allora le certezze vacillano, e il verdetto del termometro diventa più importante dell’indice della Borsa”. Davanti a tutto questo “l’unica roccia alla quale appoggiarsi può essere solo chi ha vinto la morte”.