Non c’è amore più grande

Don Giuseppe Berardelli, 72 anni, "il Don di Casnigo" è descritto dai sui amici, dal suo sindaco, da tutti come un uomo di cuore. Pur risultando positivo al Coronavirus e con evidenti difficoltà respiratorie, nei giorni scorsi, ha deciso di sacrificare la sua vita per un’altra persona con il suo stesso problema. Ha rinunciato al respiratore, quello che la sua comunità parrocchiale aveva acquistato per lui, perché potesse essere destinato a qualcuno di più giovane.

Don Giuseppe Berardelli, 72 anni, ‘il Don di Casnigo’ è descritto dai sui amici, dal suo sindaco, da tutti come un uomo di cuore. Pur risultando positivo al Coronavirus e con evidenti difficoltà respiratorie, nei giorni scorsi, ha deciso di sacrificare la sua vita per un’altra persona con il suo stesso problema.
Ha rinunciato al respiratore, quello che la sua comunità parrocchiale aveva acquistato per lui, perché potesse essere destinato a qualcuno di più giovane. Qualcuno lo chiama il nuovo San Massimiliano Kolbe, qualche altro lo saluta come un eroe o come un santo. Tutti giusti apprezzamenti, ma don Giuseppe era solamente un prete, esclusivamente un prete. Un prete gioioso di farlo, che con la sua motocicletta ed il suo ardore per anni ha infiammato la sua comunità. Le sue opere indirizzate alla comunità e ai suoi giovani, non poteva che essere così anche la sua “ultima” opera.
E con lui sono già oltre cinquanta i preti che sono morti in questo periodo, in silenzio, accanto al gregge, come tutti gli altri uomini e donne della nostra Italia. È morto da prete dando la vita. Non c’è amore più grande, così come ci ha insegnato Gesù.
Insieme alle tante opere, agli aiuti, ai contributi delle Caritas e dall’8xmille, ecco cosa sta facendo la Chiesa, ecco cosa fanno i preti, in questo momento di grande epidemia: si offrono ed offrono la vita, condividono la storia della loro comunità, donano senza clamore ogni giornata della loro vita, si fanno mangiare dando loro stessi, così come ha chiesto a ciascun discepolo proprio Gesù. Il vero miracolo è proprio questo, l’ordinario di una vita: date voi stessi da mangiare!
Con questi ‘martiri’ dell’ordinario, santi della porta accanto (in questo caso è quella della canonica) perché i santi preti ci sono e sono tanti, voglio ricordare che in lungo e in largo per la nostra Italia, in tutto il mondo, ci sono tanti sacerdoti che stanno offrendo loro stessi, stanno pregando e annunciando il Vangelo, stanno proponendo, con fantasia, percorsi pastorali per stare accanto alla loro comunità per dire una parole di speranza, come la sentinella che annuncia quanto ancora manca della notte!
Noi don Giuseppe non lo abbiamo conosciuto, se non alla fine della sua vita; lo abbiamo conosciuto dal suo gesto d’amore e ci è entrato subito nel cuore. È uno di noi, ci rappresenta tutti, siamo orgogliosi di essere fratelli con Lui nel sacerdozio. Il prete non sa ben vivere, sa ben morire, sull’esempio del suo Signore. Grazie per la tua testimonianza.

(*) direttore “Parola di Vita” (Cosenza-Bisignano)

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