“Noi cerchiamo di esserci, per i malati ma anche per gli operatori sanitari. Medici e infermieri si sfogano e ci chiedono: pregate per noi, abbiamo bisogno del vostro sostegno perché di fronte alla gravità di questo dramma ci sentiamo impotenti”. A confidarlo in un’intervista al Sir è don Maurizio Lucini, incaricato diocesano per la pastorale della salute di Cremona e assistente spirituale all’ospedale “Maggiore” della città. Don Maurizio, colpito due settimane fa dal virus ma ora in via di guarigione, racconta la difficoltà ad accedere alla terapia intensiva, anche per non “sprecare” camice, mascherina, guanti, cuffia e occhiali, “materiale prezioso, non sempre disponibile e che si rischierebbe di sottrarre a medici e infermieri”. “Le prime settimane, prima di ammalarmi, d’accordo con i sanitari sono sempre entrato nelle stanze degli infettivi che ne avevano fatto richiesta, ma poi passavo in tutte le stanze. Ora non so che situazione troverò, non so se potrò continuare a farlo”. Si tratta di visite brevi perché nella maggior parte dei casi i malati indossano la mascherina per l’ossigeno e fanno fatica a parlare. Pochi minuti per una breve preghiera e ricevere una benedizione. Per il sacerdote, in mezzo a tanta sofferenza, “Dio c’è: è nei gesti d’amore di medici e infermieri che rischiano di ammalarsi e anche di dare la vita pur di assisterli. E non si tirano indietro. Entrando in quelle stanze, noi non facciamo altro che mettere un sigillo su quanto c’è già”.