“Anziani e bambini sono la categoria che, all’interno delle baraccopoli romane, sta pagando il prezzo più alto di un decreto che interviene sulla libertà di movimento e con essa sulla possibilità, per chi vive di un’attività informale, di una sussistenza giornaliera”. Lo afferma oggi l’Associazione 21 luglio, in una indagine sull’impatto del decreto governativo IoRestoaCasa sui 3.500 abitanti delle baraccopoli formali monoetniche di Roma, ovvero in 6 “villaggi attrezzati” e in 9 “campi tollerati”, segnati da un sovraffollamento interno alle unità abitative dove, in alcuni casi, in container deteriorati di 21 mq vivono anche 6 o 7 persone. In nessuna baraccopoli è stata segnalata la presenza di operatori sanitari disponibili a distribuire dispositivi di prevenzione o ad illustrare le misure atte a prevenire il contagio. Ma cosa accadrebbe – si sono chiesti i ricercatori di Associazione 21 luglio – se in un insediamento come quello di via Luigi Candoni, abitato da più di 800 persone di cui la metà minori, venisse riscontrata anche una sola positività? L’analisi delle condizioni delle baraccopoli romane e i recenti fatti di “quarantene” di insediamenti rom a Cuneo e a Lucca, fa apparire “concreto il rischio che un’eventuale positività al Codiv-19 riscontrata nelle baraccopoli formali della capitale, lasciate nell’abbandono più totale da anni unito al disinteresse istituzionale registrato anche prima e durante l’epidemia, possa far esplodere problematiche di carattere sanitario che sarà difficile governare per gravità ed entità”. Perciò l’associazione ha lanciato un appello on line alla sindaca Virginia Raggi e al prefetto di Roma Gerarda Pantalone per chiedere di: “garantire nelle baraccopoli romane la distribuzione beni di prima necessità e condizioni igienico-sanitarie adeguate assicurando l’accesso all’acqua potabile; assicurare la presenza di operatori sanitari e di mediatori culturali che possano promuovere una campagna informativa e distribuire agli abitanti dispositivi di protezione individuali; rinforzare il volontariato sociale per monitorare le condizioni igienico-sanitarie e la salute di quanti vivono nelle baraccopoli romane; predisporre per tempo, in caso di riscontro di una o più positività al Covid-19 all’interno degli insediamenti formali, un adeguato e tempestivo piano di intervento sanitario”.