“Ci siamo tutti, c’è realmente tutta la Chiesa, c’è la Chiesa di Roma”. Il card. Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha cominciato con queste parole l’omelia della messa celebrata questa sera, in assenza di fedeli, al Santuario del Divino Amore, al termine della Giornata di digiuno e di preghiera promossa dalla diocesi ai tempi del Coronavirus. “Siamo qui per gridare di essere salvati dal Signore per la sua misericordia”, ha proseguito il cardinale: “Maria è qui con noi e chiediamo la sua intercessione potente”. “Siamo qui ai tempi del Coronavirus con tanta fede, ma anche con tanta angoscia”, la fotografia di De Donatis: “La vediamo nei volti delle persone, ma la sentiamo anche nel nostro cuore”. “Ci consola il fatto che anche Gesù ha provato questa angoscia”, ha proseguito il porporato: “nel Getsemani, e quando nel viaggio verso Gerusalemme che lo porterà alla sua morte annuncia ai discepoli che Cristo dovrà essere consegnato nelle mani degli uomini per essere ucciso. Di tutti gli uomini, che ne hanno fatto e ne fanno ciò che vogliono, anche oggi”. “Alle tue mani affido il mio Spirito”: le ultime parole di Gesù sulla croce, ha spiegato De Donatis, sono “una consapevolezza permanente nel cuore di Gesù, e ci dicono che nessuno ha il potere di strapparci dalle mani di Dio”. “La croce non è il segno della morte e del maligno”, ha precisato il cardinale: “Gesù la abbraccia, con libertà piena, e diventa il segno supremo del Divino Amore”. La “terapia” per essere liberati dall’angoscia, secondo De Donatis, consiste nell’”affidarci alle mani di Dio: nessuno può strapparci da lì, neppure la morte”. Lo sapeva bene una giovane ebrea morta ad Auschwitz nel 11943, Etty Hillesum: “L’unica cosa che possiamo salvare è un piccolo pezzo di te in noi stessi. Non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia”. “E’ vero per tutti”, ha commentato il cardinale: “L’unica cosa autentica e utile in questo tempo di Coronavirus è mettersi in ginocchio, alla presenza di Dio dentro noi stessi. Dio custodirà la nostra umanità, ci porterà a stringerci gli uni agli altri” scegliendo la vicinanza “senza cadere nella competizione” e fuggendo “la tentazione di salvare se stessi infischiandosi della vita degli altri”. “La madre di Dio ci custodisca sempre nel ricordo e nella consapevolezza del suo Divino Amore”, ha concluso De Donatis.