“Di fronte alle incognite che ci pone questa stagione di grandi trasformazioni occorre grande trasparenza”. Ne è convinto il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che intervenendo al convegno in corso in Vaticano su “The ‘Good Algorithm Artificial Intelligence: Ethics, Lae, Health”, ha definito “importante che i nuovi confini tecnologici vengano regolati non solo dagli Stati, ma anche a livello europeo, attraverso l’elaborazione di precise regole di utilizzo e con l’adozione di requisiti comuni in materia per misurare l’impatto sul rispetto dei diritti fondamentali”. “Se l’Unione europea sostiene da sempre politiche a favore della ricerca e dell’innovazione, tuttavia il Parlamento europeo ha il dovere di proteggere ancora di più i cittadini per l’impatto che possono determinare le nuove tecnologie”, ha spiegato Sassoli, facendo notare che “durante la scorsa legislatura il Parlamento ha chiesto alla Commissione europea di aggiornare e integrare il quadro giuridico dell’Unione con chiari principi etici che tengano in considerazione e non sottovalutino il fattore umano,poiché i nostri cittadini devono avere la possibilità di controllare i propri dati, di proteggere la propria privacy e di saper discernere le informazioni che ricevono”. Di qui l’elaborazione di un “Libro Bianco” sull’Intelligenza artificiale, presentato di recente, e di “una strategia per promuovere l’accesso ai dati non personalizzati per le grandi,piccole e medie imprese,nella garanzia del rispetto della sfera privata”. “Abbiamo bisogno di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone, democrazia”, la tesi del presidente del Parlamento europeo: “In uno scenario nel quale l’incertezza sembra ancora prevalere è necessario sostenere politiche di riorientamento al lavoro investendo molto di più nella formazione permanente”, partendo dalla consapevolezza che “l’intelligenza artificiale può essere un rischio che può compromettere non solo la protezione dei dati personali, ma può anche accrescere il divario digitale in termini di accesso e conoscenza”.