(da Bari) “L’irrilevanza non è il destino dei cristiani. Non lo è neanche nel Mediterraneo del XXI secolo”. Ne è convinto Adriano Roccucci, che con la sua relazione ha aperto la terza giornata di lavori dell’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace”, promosso dalla Cei a Bari. “Nel nostro tempo non possiamo rassegnarci all’insignificanza di una qualche funzione residuale di carattere decorativo o identitario o consolatorio”, la proposta del relatore, a partire dalla consapevolezza che “c’è sete di pace nel Mediterraneo ferito da troppi conflitti”. “La pace ha bisogno di dialogo e di amicizia, di costruire ponti e superare i muri della divisione e dell’odio”, la proposta di Roccucci, ordinario di Storia contemporanea all’Università Roma Tre: “Oggi nel mondo globale, in un Mediterraneo abitato da donne e uomini disorientati e spesso dominati dalla paura, la speranza cristiana è un’urgenza e una responsabilità. Lo è davanti alle sfide di un cambiamento d’epoca che segna nel profondo le società mediterranee”. “Il Mediterraneo negli ultimi anni è tornato a essere un quadrante cruciale per le dinamiche del mondo globale”, ha osservato il relatore: “L’orientamento degli assi del mondo verso l’Asia ha come restituito al Mediterraneo una rilevanza, che si era andata progressivamente perdendo con lo spostamento sull’Atlantico del baricentro del mondo occidentale. È il parziale recupero della centralità antica di un mare e di un’area geopolitica e culturale che costituiscono un crocevia tra Europa, Asia e Africa, un ambito di interazione tra i tre continenti”.