(da Bari) “Mettere al centro l’esperienza, stando in mezzo alla gente”. È uno dei criteri per la trasmissione della fede alle nuove generazioni, indicato da Pina De Simone, coordinatrice del biennio di specializzazione in Teologia fondamentale della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale sezione San Luigi, nella relazione che ha aperto la seconda giornata dell’incontro di Bari “Mediterraneo, frontiera di pace”. Essere “etnografi spirituali”, il consiglio ai vescovi, impegnati oggi nel loro primo tavolo di confronto a porte chiuse, nella storica sede del Castello Svevo. In un Mediterraneo definito “mare del meticciato”, per la relatrice occorre “uscire da schemi di contrapposizione e di testimoniare una fede che è di per sé accogliente”, come dimostra il “forte senso di comunità” che caratterizza i popoli che abitano il Mare Nostrum. Un esempio per tutti: “Le tante esperienze di accoglienza dello straniero e di convivenza pacifica tra persone di fede diversa che hanno visto e ancora vedono coinvolta la gente comune nella semplicità dei gesti quotidiani, al di là di ogni forzata contrapposizione ideologica e politica, e che sono vissute non mettendo tra parentesi la propria fede ma proprio a partire da questa”.