(da Bari) “Il Mediterraneo è anche luogo del riemergere di preoccupanti istanze teocratiche”. Lo ha detto Pina De Simone, coordinatrice del biennio di specializzazione in Teologia fondamentale della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale sezione San Luigi, introducendo con la sua relazione la seconda giornata dell’incontro di Bari, dedicato dalla Cei al “Mediterraneo, frontiera di pace”. “Non solo in quei Paesi del Medio Oriente o dell’Africa che vivono una crescente islamizzazione dello Stato e il potere devastante di organizzazioni terroristiche, o in alcuni Paesi dell’est Europa – ha proseguito la relatrice, introducendo i tavoli di conversazione tra i 58 vescovi delegati, provenienti da 20 Paesi -, ma pure nei Paesi occidentali che sperimentano un tempo di disorientamento a partire dalla crisi del sistema economico e delle istituzioni democratiche e che rispondono ai flussi migratori irrigidendo i confini, chiudendo porti e valichi e negando ogni possibilità di accoglienza che comporti un reale confronto e la messa in movimento del sistema sociale”. “Quando tutto traballa ‘ci si aggrappa alla corda di Dio’ per affermare disperatamente la propria identità, e anche in terre dove la convivenza pacifica tra etnie e tradizioni diverse era quotidianità, si invoca, in maniera implicita o esplicita, una ‘pulizia etnica’ ammantata di sacralità e di difesa delle proprie tradizioni”, l’analisi di De Simone: “E un patrimonio di umanità si frantuma, proprio come i templi, gli edifici, le opere d’arte fatte saltare in aria e come le case distrutte in alcuni luoghi. Il fondamentalismo ovunque si dia e qualunque sia la forma in cui prende corpo, anche quando si fa strada nella vita della Chiesa, è sempre una sconfitta della fede e una negazione della capacità umanizzante dell’esperienza di Dio”. Senza contare “quelle situazioni in cui, pur senza toccare gli estremi del fondamentalismo, la religione viene a coincidere totalmente con la tradizione nazionale per un processo storico culturale o sotto la spinta di strumentalizzazioni politiche”. “Portato tanto dei fondamentalismi religiosi quanto, in alcuni casi, del processo di razionalizzazione messo in atto dalla modernità, è poi la messa in discussione, troppo spesso drammatica, della libertà religiosa”, ha proseguito la relatrice, denunciando “la persecuzione, o anche la semplice discriminazione – che nei confronti dei cristiani sta conoscendo una crescita esponenziale nell’indifferenza generale – e il martirio di molti, cristiani e non solo, uccisi unicamente a motivo della loro fede”.
Quella religiosa, invece, è una libertà “che va riconosciuta a tutti: ai cristiani e ai credenti di altra tradizione religiosa; perché è solo nel rispetto della diversità delle fedi, così come dell’assenza di una fede, che si afferma il senso profondo dell’umano e si può vivere un’autentica esperienza di Dio”.