No Tav, “madamine” torinesi, ragazzi dei Friday for future, gilet gialli in Francia, indignados in Spagna. E ora le “sardine”. Sul nuovo numero della rivista “Aggiornamenti Sociali”, il direttore, il gesuita Giacomo Costa, si sofferma ad analizzare il fenomeno dei movimenti spontanei nell’editoriale dal titolo “Dai social alle piazze: dopo la sorpresa, quale innovazione?”. Costa sottolinea anzitutto alcuni snodi cruciali cui prestare: la questione della leadership, l’eterogeneità di quella che una volta si sarebbe chiamata la “base” e la gestione della comunicazione. “All’inizio – scrive padre Costa – le piazze tendono a presentarsi come acefale, convocate via social non si sa bene da chi, ma se la mobilitazione ha successo abbastanza presto si pone l’esigenza di una forma organizzativa più stabile, con uno o più punti di riferimento”. Strettamente connessa alla questione della leadership è quella della “legittimità e rappresentatività, che può essere affrontata serenamente solo attraverso processi di scelta e organizzativi effettivamente democratici”. Un terzo snodo, talvolta ritenuto secondario, è quello della comunicazione: è richiesta infatti, scrive padre Costa, la “capacità di costruire narrazioni mediaticamente efficaci. Se le reti sociali, tradizionali o a base tecnologica, risultano fondamentali per muovere i primi passi e restano uno strumento essenziale per la comunicazione e la coesione interna, per crescere è necessario uscire dalle proprie cerchie e raggiungere una audience più ampia”.
L’analisi di Costa prosegue con alcuni criteri di “lettura” del fenomeno-sardine. Un primo criterio è capire se questi movimenti “promuovono davvero un legame tra coloro che scendono in piazza e puntano alla costruzione di un soggetto autenticamente collettivo, necessariamente plurale”. Altri due elementi, connessi al primo, sono “il tipo di protagonismo che viene promosso” e “le opportunità di approfondimento e di maturazione delle motivazioni di chi scende in piazza”. In conclusione, scrive padre Costa, “le piazze piene ci parlano di una società attraversata da passioni. Questa è senz’altro una buona notizia, anche se al momento manca una completa articolazione politica di queste passioni. Ma alcuni elementi cominciano ad apparire. Lasciamo quindi che le piazze ci interpellino, senza soffocare lo stupore con il cinismo e senza opporre troppa resistenza quando ci sentiamo animati a metterci in gioco personalmente. Non è possibile sapere a priori se questi movimenti raggiungeranno risultati duraturi e condurranno a elaborare risposte definitive. Ma questo non ne sminuisce l’importanza e il valore, specie se impariamo a guardarli con maturità e consapevolezza dei limiti, riconoscendovi degli incubatori di innovazione politica e delle palestre per il desiderio di partecipazione e protagonismo, che nulla autorizza a ritenere sopito”.