“È dovere della Chiesa leggere i segni dei tempi, come in America Latina. I nostri giovani, uomini e donne, stanno sacrificando il loro sangue per la causa della pace, della giustizia, della dignità umana e della libertà. Fino ad oggi abbiamo contato 600 morti e 25mila feriti. C’è una realtà nella quale la Chiesa deve essere presente per donare una parola di speranza”. A dirlo è il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, che in una intervista al Sir torna a parlare delle manifestazioni popolari in corso in Iraq dallo scorso ottobre, facendo riferimento alla “teologia della liberazione”. “Non dobbiamo restare fuori da questo tempo – dichiara il cardinale -, ho chiesto ripetutamente alle autorità irachene di ascoltare le richieste delle piazze perché a farle sono i loro stessi figli. Essi sono il futuro dell’Iraq”. Il patriarca ricorda la sua visita ai manifestanti radunati in piazza Tahrir a Baghdad, centro nevralgico delle proteste: “Sono andato con i miei vescovi ausiliari in piazza. Abbiamo portato anche medicinali, ricevendo una grande accoglienza, festosa. Prima di noi nessun chierico, anche musulmano, era andato a trovarli. Mi dicevano che ero il patriarca di tutti”. “Le rivendicazioni dei manifestanti – ripete il cardinale – sono giuste e condivisibili. Come non condividere le istanze di verità, di giustizia, di bene comune, di cittadinanza, di patria? Oggi è tutto settario, non esiste un concetto di patria, tutto è diviso, frammentato, anche la fedeltà. Nei manifestanti ho percepito la presenza di Cristo nella loro voglia di fratellanza, di giustizia, di bene”.