Educare si deve, ma si può? È la domanda che mi sono portato a casa, qualche giorno fa, tornando da un ciclo di incontri che l’amministrazione comunale di Godega ha proposto ai genitori di figli in età adolescenziale delle scuole. Educare le giovani generazioni è certamente necessario, ma il mondo adulto di oggi – genitori, insegnanti, allenatori, preti, consacrati… – è davvero in grado di essere all’altezza di questo tanto delicato quanto esaltante compito? Educare non è mai stato semplice e oggi sembra comportare diverse difficoltà in più. La risposta che è venuta dal relatore, Marco Anzovino, educatore di comunità e musicoterapeuta, è stata positiva, ma con alcuni distinguo e con alcune importanti attenzioni da far proprie. Lavorando in un contesto di accompagnamento di giovani che provengono da forme di dipendenza (droga, alcol, uso del cellulare…), Anzovino ha condiviso soprattutto esperienze legate a questo tipo di mondo. Tuttavia, pur con le sue estremizzazioni, tale sguardo diventa istruttivo per scorgere quello che si respira tra i giovani di adesso. Così ci è stato ricordato, ad esempio, che il suicidio tra i giovani sotto i 24 anni è la seconda causa di morte al mondo, mentre nel 2019 sono stati 200 i casi in Italia. E si viene a sapere che la droga viene assunta dai giovani e giovanissimi di oggi non tanto come forma di trasgressione o di protesta contro la società, come accadeva ad esempio negli anni ’60 o ’70, quanto piuttosto per vincere la solitudine e la non-appartenenza oppure come ultimo e disperato rimedio per “sopravvivere al deserto e all’abisso che si ha dentro”. A preoccupare, però, non sono solo gli stupefacenti, che stanno conoscendo forme di importante diffusione in fasce d’età sempre più giovani (già alle medie), con effetti devastanti sullo sviluppo psico-fisico dei ragazzi: un dato troppo sottovalutato da quanti si dicono a favore della liberalizzazione delle cosiddette “droghe leggere”. Preoccupa in modo crescente anche il consumo di alcol e la conseguente ricerca dello “sballo”: un fenomeno di cui si parla troppo poco, forse anche per un certo compiacimento degli adulti, per vari motivi (culturali?) inclini ad essere piuttosto indulgenti nei confronti del consumo di bevande alcoliche. Istruttivi, da questo punto di vista, alcuni racconti di Marco, dove i protagonisti sono proprio dei genitori che, al posto dei figli, comprano gli alcolici per la festa di diciottesimo o di compleanno dei loro pargoli non ancora maggiorenni. Forse un estremo tentativo di proteggerli attraverso forme di sballo che, in tal modo, si augurano essere “controllate”? Come educare allora in questa temperie culturale, apparentemente così complessa? Anzovino ha lanciato alcune proposte, molto concrete, quali piste pedagogiche: ha invitato gli adulti a responsabilizzare, coinvolgere, chiedere un contributo, dare delle regole (poche ma chiare), porre dei limiti, usare le parole per riscoprire il senso, aiutare a fare i conti con la realtà… Molto interessante l’invito rivolto ai genitori a far conoscere ai figli la propria storia, ad esempio aprendo con loro l’album di foto di famiglia, perché se non si conosce il proprio passato si rischia di smarrire la propria identità. È poi necessario far sperimentare ai giovani qualcosa che abbia il gusto del piacere e della bellezza: se una persona scopre la bellezza e ciò che gli piace veramente, non va a cercare un tale soddisfacimento negli stupefacenti o in altre forme di dipendenza. Qui, però, si pone una domanda seria per gli adulti e per gli educatori in genere: sappiamo testimoniare, con le nostre vite, che per noi c’è davvero qualcosa di bello che ci piace e ci appassiona profondamente? E infine è urgente tornare alle relazioni vere, non più – o non solo – quelle mediate dallo schermo del pc o di un cellulare, ma quelle in carne e ossa, da persona a persona, viso a viso, per scoprire che l’altro – la reale persona che ho davanti – è certo un impegno, a volte anche una fatica, ma è anche una delle più grandi opportunità di crescita e di miglioramento che ci siano date.
(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)