Nel 2017, l’incidenza dell’economia non osservata (somma della componente sommersa e di quella illegale) è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 19,4% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (14,1%). Sensibilmente più contenute, e inferiori alla media nazionale, sono le quote raggiunte nel Nord-ovest e nel Nord-est, pari rispettivamente a 10,6% e 11,4%. Lo comunica oggi l’Istat diffondendo i “Conti economici territoriali” per gli anni 2016-2018.
Nel 2017, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata – si legge nel report – rappresenta in Italia il 13,5% del valore aggiunto totale (l’incidenza sul Pil è pari al 12,1%): le componenti più rilevanti in termini di peso sono la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (6,2%) e l’impiego di lavoro irregolare (5,1%). L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) incidono per il restante 2,2%.
“L’incidenza relativa delle tre componenti dell’economia non osservata – spiega l’Istat – viene confermata anche a livello ripartizionale; a pesare di più è la rivalutazione da sotto-dichiarazione che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari all’8,6% del valore aggiunto) mentre nel Nord-ovest si registra il livello più contenuto (4,9%)”. “La quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare – prosegue il report – è significativo nel Mezzogiorno, dove si attesta al 7,7%. In linea con la media nazionale (pari al 5,1%) risulta il Centro, mentre le altre due ripartizioni si collocano al di sotto di tale livello (3,9% il Nord-ovest e 4,1% il Nord-est)”.
Tra le Regioni, è la Calabria quella in cui il peso dell’economia sommersa e illegale è massimo, con il 21,8% del valore aggiunto complessivo; l’incidenza più bassa si registra invece nella Provincia Autonoma di Bolzano (8,9%).
Puglia e Molise presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato (rispettivamente 9,7% e 8,8%) mentre le quote più basse si registrano nella Province autonome di Bolzano (3%) e di Trento (3,7%).
Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (9,4% del valore aggiunto) e Campania (8,5%), le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3,7%) e Veneto (3,9%).