Incontro Cei su Mediterraneo. P. Patton (Custode): “Nello stile dell’incontro tra Francesco e il Sultano”

Il custode di Terra Santa, Francesco Patton, a Bari all'incontro sul Mediterraneo. Nel cuore il ricordo, di 800 anni fa, a Damietta tra Francesco d’Assisi e il Sultano Malek al-Kamel. "Il coraggio di quell’incontro - dice - oggi va riscoperto e incoraggiato". Anche così il Mediterraneo può trasformarsi in frontiera di pace

Foto Calvarese/SIR

“Penso al Mediterraneo come Mare nostrum, nostro cioè di tutti, quale luogo di incontro di culture e Paesi diversi. Penso al valore immenso che la sponda africana ha avuto per la Chiesa latina nei secoli passati. Quando a Roma i cristiani parlavano greco, in Nord Africa con Tertulliano, Cipriano e altri si comincia a parlare latino. E il latino torna a Roma dall’Africa. Sembra impensabile che il luogo che è stato per secoli un veicolo di comunicazione umana, sociale, culturale e commerciale oggi possa essere una tomba per molti”.

(Foto: AFP/SIR)

Nelle parole del Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, ritorna la profezia del “sindaco santo”, Giorgio La Pira, che nel Mar Mediterraneo vedeva un “grande lago di Tiberiade”, una sorta di spazio non solo geografico ma storico, ricco di rapporti e relazioni tra Oriente e Occidente come anche di complessità. Complessità che oggi si chiamano guerre, instabilità politica, precarietà economica e tensioni religiose. Ci sarà anche il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, a Bari per partecipare all’incontro, promosso dalla Cei, “Mediterraneo, frontiera di pace” (19-23 febbraio). Con lui vescovi cattolici di 20 Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum.

Una presenza radicata. La Custodia di Terra Santa attualmente ha 56 conventi sparsi in 12 nazioni (Israele, Palestina, Libano, Siria, Egitto, Cipro, Giordania, Grecia, Italia, Spagna, Usa e Argentina) la maggioranza dei quali sia affaccia sul Mediterraneo. Una presenza radicata con i frati francescani protagonisti nei Luoghi Santi dove arrivarono nel 1217. Nel 1219, lo stesso S. Francesco volle visitare almeno una parte della Provincia di Terra Santa. I documenti che parlano della presenza del “Poverello di Assisi” tra i Crociati, sotto le mura di Damietta, sono noti. Come pure noto è il suo incontro col Sultano d’Egitto, Melek-el-Kamel, nipote di Saladino il Grande, 800 anni fa. Da allora i frati hanno sempre raccolto le sfide dei tempi per poter trasmettere, affermano dalla Custodia, “la Grazia dei Luoghi Santi a tutti e per condividere la loro vita con le “pietre vive” locali: le comunità cristiane”. Anche in mezzo a tante difficoltà.

Rischiare per la pace. “Sulle sponde del Mediterraneo – dichiara, infatti, il Custode – si agitano crisi e conflitti ultradecennali come quello israelo-palestinese e altri più recenti come in Siria, le manifestazioni in Libano e anche in Iraq. In molti dei territori dove è presente la Custodia si registrano guerre e tensioni. Parlare di dialogo e di incontro potrebbe, dunque, apparire quasi paradossale. Ma a Bari saremo presenti con tutta la storia degli 800 anni di presenza francescana in Terra Santa nello stile dell’incontro di Damietta tra Francesco d’Assisi e il Sultano Malek al-Kamel. Il coraggio di quell’incontro oggi va riscoperto e – per usare un giro di parole – incoraggiato. Sono convinto – aggiunge – che

l’incontro di Damietta è più importante oggi che 8 secoli fa.

In quell’incontro, infatti, non c’è solo il merito di Francesco ma anche quello del Sultano. Anche oggi possiamo avere interlocutori coraggiosi nel mondo musulmano”. Per il Custode solo l’ascolto e la condivisione permettono l’incontro quindi “vanno incoraggiati tutti i segni di dialogo possibili.

foto SIR/Marco Calvarese

Che non vuol dire solo organizzare eventi o pubblicare libri ma vivere lo spirito di questo incontro. Uno spirito che ci compromette anche rischiando come avviene ad Aleppo, in Siria, dove insieme al mufti locale abbiamo avviato un progetto per dare un futuro ai bambini traumatizzati dalla guerra e ai figli dello Stato Islamico. Siamo consapevoli che se avremo paura di rischiare non faremo passi avanti verso la pace”. Che appare ancora molto lontana.

“Se osserviamo quanto accade intorno a noi – avverte padre Patton – il Mediterraneo assume la forma di una frontiera acquea sulla quale si infrangono i sogni e le vite di tanti che fuggono da guerre e instabilità politica ed economica. Dirimere controversie – sottolinea – è compito delle diplomazie che devono lavorare molto per ridurre le tensioni e le cause che le producono”.

(Foto Vatican Media/SIR)

Cooperazione con le diplomazie. “Serve cooperazione – ribadisce il Custode – le diplomazie devono lavorare sul piano politico, le Chiese su quello del dialogo e anche umanitario. Il Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi, firmato da Papa Francesco e il grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, va in questa direzione. L’impegno delle Chiese in questo ambito è notevole, mostrando una vicinanza e prossimità concreta alle popolazioni sofferenti di tutta questa area mediterranea”. Il pensiero di Patton corre anche “alla Libia che vive una situazione drammatica che ci ricorda quelle simili di Yemen e Siria” e ad altri Paesi come Tunisia, Algeria, Marocco, rappresentati a Bari, “che stanno cercando di fare passi avanti nel campo culturale, del dialogo anche interreligioso”. Ma nei territori della Custodia è presente anche Cipro dove un muro divide in due l’isola, da una parte la zona greca e dall’altra quella turca. “Paradossale – dice il frate – che a Cipro tutti i leader religiosi cristiani, cattolici e musulmani da anni lavorano insieme per creare un clima di riconciliazione tra le due componenti. Sono quasi gli unici a lavorare in questa direzione, visto che

il mondo politico sembra aver preso un’altra strada. Alla logica della riconciliazione preferisce la logica della spartizione,

accompagnata in alcuni casi da un uso spregiudicato della forza”. “Abbattere i muri e allentare le frontiere potrebbe aiutare la causa della pace” nello stile dell’incontro tra Francesco e il Sultano. “Sarebbe un guadagno per tutti i popoli e Paesi del Mediterraneo perché questi sono territori che hanno un patrimonio storico e archeologico immenso. Anche così – conclude – il Mediterraneo potrebbe diventare una frontiera di pace”.

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