“La moda di comprare jeans anche molto costosi già rattoppati o strappati, ancora tanto in voga tra i nostri giovani, non è poi così originale, se pensiamo che Francesco faceva lo stesso, utilizzando stoffe molto più costose, agli inizi del XIII secolo”. A tracciare un parallelo tra la figura del giovane Francesco, prima che da figlio di Pietro da Bernardone diventasse figlio di Dio, è mons. Felice Accrocca, arcivescovo metropolita di Benevento e grande esperto di francescanesimo, nel volume “Francesco e la spogliazione. Ieri e oggi”, a cura di Elisabetta Loiacono (Edizioni Francescane Italiane), che raccoglie diversi autorevoli contributi su questo momento cruciale della vita di San Francesco d’Assisi, oggi rappresentato anche plasticamente dal Santuario della Spogliazione, fortemente voluto dal vescovo Domenico Sorrentino. Nel libro, il presule si sofferma sul “mantello della tenerezza”, quello all’ombra del quale il vescovo Guido accoglie Francesco nudo di fronte al padre: un’altra forma di paternità, la sua, di cui anche i giovani di oggi hanno un grande bisogno, anche se a volte inespresso o perfino esplicitamente rifiutato. “Arriva un momento nella vita di una persona in cui bisogna fare delle scelte che per loro natura ci mettono a nudo”, scrive don Luigi Maria Epicopo nella prefazione: “Francesco ci insegna a non aver paura di questo gesto, a non aver paura di deludere, a non aver paura di essere unici, originali”, spiega il teologo.
Le tre spogliazioni. La spogliazione riappare in diversi momenti della vita di Francesco, e in particolare in tre momenti fondamentali, veri momenti di svolta della sua esistenza: a Roma sul sagrato di San Pietro, ad Assisi davanti alle autorità cittadine, e alla Porziuncola al momento della morte. A spiegarlo è padre Domenico Paoletti, docente di teologia fondamentale. Nella spogliazione più nota, quella in cui Francesco restituisce tutte le vesti al padre, Francesco “rinuncia a difendere le sue cose e anche a difendersi. Si spoglia di ogni difesa e di ogni pretesa: e questo diventare l’uomo senza nessuna pretesa lo porta a vivere la radicalità del Vangelo”. La spogliazione diventa, dunque, conversione, fino all’ultimo momento della sua vita terrena: a Santa Maria degli Angeli, luogo della grazia degli inizi, al cospetto di Sorella Morte, Francesco “vuole tornare nudo, posto sulla nuda terra, nudo nel corpo e nei sentimenti, senza pretese né cupidigie, unificato nel sentire l’eterno che l’avvolge e lo riempie”.
Carlo e Francesco. “Non io ma Dio”. È questo, secondo Elisabetta Loiacono, giornalista professionista accreditata presso la Sala Stampa della Santa Sede e curatrice del volume, la frase che meglio esprime la consonanza tra San Francesco e Carlo Acutis, il giovane morto a 15 anni per una leucemia e proclamato venerabile da Papa Francesco il 5 luglio 2018. Non a caso, i suoi resti mortali riposano proprio nel Santuario della Spogliazione, méta di pellegrinaggio dei giovani di tutto il mondo. “La vita di Carlo – scrive Elisabetta – non è un è post o un tweet su cui mettere un distratto ‘mi piace’, è una vita breve ma intensa da rileggere nella sua ostinata volontà di assecondare l’originalità che Dio ha voluto per lui. Come per ognuno di noi”. “Muoio sereno perché non ho vissuto neanche un momento di questa vita di cose che non piacciono a Dio”, disse poco prima di morire. Anche per lui, come per Francesco, la libertà è stata “una scommessa non sul verbo ‘avere’ ma ‘essere’”.