Dt 26,4-10; Rm 10,8-13; Lc 4,1-13
Basta un lampo per vedere “tutti i regni della terra”; anche per precipitare nella tentazione. A Gesù è sufficiente l’istante della Parola vissuta nella volontà di Dio per resistere e vincere Satana.
Nella tentazione, Dio non manca, non è staccato, altrove. Satana ha portato Gesù nel deserto, “lontano” da tutto e da tutti, ma non da Dio. Lo Spirito è con Gesù. E Dio è accanto a noi, vicino nella prova e nella tentazione. Non è vero che ci ha abbandonato. Gesù, dinanzi alla lusinga di Satana, resta figlio obbediente del Padre. Anche noi restiamo figli di Dio. Tutte le tentazioni vorrebbero mettere in crisi il rapporto di paternità-figliolanza tra Dio e noi, come quelle che hanno provato Gesù dall’inizio fino all’epilogo della croce.
Gesù è tentato nella sua persona, persino nell’istinto naturale di sopravvivenza, con la richiesta di trasformare in pane la pietra. E lui ricorda che la vita dell’uomo non è tutta nel pane.
Poi gli viene offerto quello che nessuno è capace di rifiutare: tutto il mondo, con lui al primo posto assoluto. E Gesù torna a dare ordine alle cose, restituendo a Dio il primato. Infine, è messo in crisi il rapporto tra Gesù e il Padre, rinnovando il dramma della competizione dell’origine quando l’uomo cadde nell’inganno di poter diventare come Dio e mettersi al suo posto. Gesù smaschera anche l’ultima follia, quella di sopprimere il padre, “tentandolo”.
Dopo queste, ogni altra tentazione è esaurita, disinnescata, smascherata, vinta. Satana fugge. Per tornare ancora, con la stessa mercanzia. Troverà la stessa moneta a pagarlo: il corpo e il sangue del figlio abbandonato fra le braccia del padre.
Il senso dei quaranta giorni è nella tensione verso il giorno di pasqua; quaresima è tempo forte – “serio” – rispetto al tempo “debole” in cui spesso affoghiamo, per convincerci a tornare al Signore, in-vertendo la strada, con-vergendo su Cristo. Non da soli, perché mai siamo persi dallo sguardo di Dio, il solo che merita di essere corrisposto per avere felicità e salvezza.
Preghiera, penitenza e carità fanno la quaresima perché fanno il cristiano. Non sono prove, ma chance, fortune. La preghiera è dialogo d’amore, cominciando ad ascoltare nel cuore la sua voce e la sua Parola. Preghiera è dire al Padre: non abbandonarci nella tentazione. La penitenza è libertà perché nulla ci occorre e tutto è in Dio. La carità è la prassi e il vestito della festa, che è ogni giorno. Anche questi quaranta, uno ad uno.