Is 50,5-9a; Gc 2,14-18; Mc 8,27-35
Gesù, dopo i segni dei miracoli, toglie il velo sulla sua persona, ri-velandosi, mostrandosi per quello che Egli è. Questa svolta avviene a Cesarea di Filippo, nel dialogo con Pietro e gli altri: “Chi dite che io sia?”. Chi è Gesù? Pietro ci prova a rispondere: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Ma non basta. Occorre spiegare quello che è contenuto nella risposta – pur ispirata – di Pietro. Questa spiegazione-catechesi, la fa Gesù, con le tre predizioni della sua passione di sofferenza, morte e resurrezione. La morte fa da sfondo; senza di essa non si può parlare seriamente di Gesù. Ma prevale la gloria, la luce.
A Cesarea di Filippo, in zona pagana, il luogo più lontano da Gerusalemme, la domanda di Gesù ai discepoli – “chi sono io per voi?” – non è segno di una crisi di identità, ma la strada per portare i discepoli dentro il suo mistero. La risposta, in realtà, dice chi è il discepolo. Pietro e gli altri riconoscono Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio. Quella di Pietro è la professione di fede cristiana: Gesù è il centro e il culmine della rivelazione di Dio perché è il Figlio. E Pietro diviene “pietra”, un attributo di Dio stesso. La Chiesa si costruisce su questa pietra come la casa dei figli di Dio. Paolo da parte sua gareggia con Pietro nella sua commossa adesione a Cristo: “Per noi c’è un solo Dio, il Padre… e un solo Signore, Gesù Cristo” (1Cor 8,6); “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil2, 10-11).
Cosa pensavano di Gesù i suoi contemporanei? C’erano quelli attratti dalle guarigioni miracolose alle quali avevano assistito; per i parenti Gesù è un esaltato; per gli scribi è un falso profeta indemoniato. La prima interpretazione è inadeguata; le altre due sono assurde. E i nostri contemporanei cosa pensano di Gesù? Danno una quarta interpretazione: Gesù sarebbe stato un maestro e un modello sublime di umanità: ha insegnato la fiducia in Dio e l’amore fraterno verso tutti, perfino verso i nemici. Un uomo grande, straordinario; ma soltanto un uomo. Tra le quattro interpretazioni questa, che a prima vista appare rispettosa, in realtà è la meno fondata e attendibile. L’unica interpretazione accettabile è quella data da Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Gesù è il Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, unico salvatore di tutti gli uomini. Questa è la fede degli apostoli, la fede per cui hanno dato la vita i martiri.
Nel Vangelo Gesù fa il primo annuncio della sua morte e resurrezione. Per la prima volta parla della croce, scandalo per tutti, anche per Pietro che vorrebbe persuaderlo a fare altrimenti. In certo senso Pietro si mette davanti a Gesù. Ma Gesù deve andare a Gerusalemme perché lì, con le sue ferite, guarirà le nostre. Per questo Gesù rimprovera Pietro e gli ordina di rimettersi al suo posto, ossia dietro a lui. Non è un allontanare Pietro, ma un rimettere ordine nelle precedenze. Prima viene Gesù, il Santo, che è amore. Poi noi che dobbiamo seguirlo sulla stessa strada.
“La prima confessione della sua identità – ha detto Papa Francesco a commento di questo Vangelo – è stata fatta alla fine, dopo la morte. Prima della morte, indirettamente, l’ha fatta il buon ladrone”, ma “dopo la morte è stata fatta la prima confessione: ‘Veramente questo era il giusto! Il dikaios!’. E a dire queste parole è un pagano, il centurione”.