Is 49, 1-6; At 13, 22-26; Lc 1, 57-66.80
È iniziato con un annuncio di un angelo a Zaccaria: “Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni”. Al centro è il nome da dare al bambino. Zaccaria lo scrive perentoriamente sulla tavoletta: “Giovanni è il suo nome”. Giovanni significa “Jahvè fa grazia, mostra la sua benevolenza”. Questo amore, come dice Isaia (prima lettura), parte da lontano e ci raggiunge fin dal concepimento: “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato; fin dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome”. Dio ci pensa: noi siamo un pensiero di Dio fin dal primo istante e, dentro la nostra identità personale, portiamo una missione da compiere. Non solo la fede, la lettura sapiente della Parola, ma anche la scienza dice che l’embrione è programmato in modo da contenere il futuro sviluppo con tutte le sue caratteristiche fondamentali. È un progetto della natura, ma prima ancora è un progetto di Dio e del suo amore creatore. La relazione con Dio è costitutiva della persona umana. Da poco, in Italia, è ricorso il 40° della legge 194. L’aborto, chirurgico o farmacologico che sia, viola il primo dei diritti fondamentali della persona, il diritto alla vita.
Nella lettura dagli Atti degli Apostoli, c’è una parte del discorso tenuto da Paolo ad Antiochia di Pisidia durante il suo primo viaggio missionario. “Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele”. Giovanni ha predicato un battesimo di penitenza, cioè di metanoia (conversione). Alle folle Giovanni diceva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto”. Ai pubblicani, esattori delle tasse per conto dell’Impero Romano: “Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato”. E ai soldati romani: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno e contentatevi delle vostre paghe”. Giovanni non chiedeva di cambiare professione, neppure ai pubblicani e ai soldati, ma di praticare la giustizia e la solidarietà.
Elisabetta, Zaccaria, Giovanni, Paolo hanno ascoltato e gioito per le conseguenze del loro dar retta a Dio. Elisabetta ascolta e Dio la benedice fin nel grembo materno, perché lì – dentro il cuore – Maria ed Elisabetta custodivano e comparavano le parole accolte.
La fede ebraica pensava la vita dei padri prolungarsi nei figli. Andando oltre questa consuetudine, il nome del bambino è “nuovo”, stabilito da Dio. Una novità così sorprendente da generare timore; è quanto accade di fronte ad un avvenimento che non viene dagli uomini ma da Dio; per questo l’annuncio dell’Angelo contiene sempre anche la parola “non temere”.