Gn 3,1-5.10; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20
È il primo sommario che si incontra nel Vangelo di Marco: la predicazione di Gesù “dopo che Giovanni fu arrestato”; una prefigurazione del destino di Gesù. Il Signore si reca fin da subito in Galilea, la regione che sarà anche il luogo d’incontro con il Cristo risorto. Gesù diffonde il Vangelo di Dio; lui stesso ha chiamato il suo messaggio buona notizia, Vangelo. Invita a convertirsi e chiama i primi quattro discepoli, proprio come esempio concreto di conversione, condizione necessaria per essere cristiani e discepoli, percorrere la strada del Maestro e compiere i suoi gesti di preferenza. Ciò che fa il discepolo è la sequela, non l’apprendimento di una dottrina; per questo l’essere discepolo è una condizione permanente.
La sequela ha a che fare con la missione, perché è contagio di esistenza salvata. Lo si capisce anche da quel “passando lungo il mare”. L’incontro non è mai casuale, è sempre epifania, manifestazione del Messia che cerca discepoli: “Venite dietro a me”. La missione è dilatazione di discepolato. Com’è andata in questi due millenni?
Nei primi secoli del cristianesimo, grazie all’opera degli Apostoli, si credeva che il Vangelo fosse già stato proclamato “fino agli estremi confini della terra” e non fosse necessaria una missione universale. Agostino, senza negare l’opera degli Apostoli, fu il primo a dire che dalle sue parti c’erano popoli che non avevano mai sentito parlare del Vangelo. Tante figure lo seguirono, nella consapevolezza e, soprattutto, nell’opera missionaria. I soli nomi evocano interi paesi e grandi popoli: Patrizio, Bonifacio, Cirillo e Metodio, per rimanere nel primo millennio.
Oggi probabilmente ci sentiamo tranquilli e consapevoli che il più, in fondo, sia già stato fatto, nonostante i tanti appelli e richiami a non sederci, a camminare, a riflettere seriamente sullo stato della missione nelle nostre comunità. Come ai tempi di Agostino, anche oggi – “dalle nostre parti” – ci sono popoli che non hanno mai sentito parlare del Vangelo e larghi strati di generazioni ancora “vergini” di Vangelo. Cosa possiamo e vogliamo fare? La comunicazione della fede e la missione ad gentes parte dalle nostre comunità parrocchiali che restano, nonostante tutto, il luogo nel quale ci sono i “vicini” e i “lontani” e dove ricominciare ad annunciare, testimoniare, irradiare la vita che ci fa felici, che ci salva. L’ambientazione è sempre quella, familiare e ordinaria: un incontro sulla riva di un lago.