Sof 2,3; 3,12-13; 1Cor 1,26-31; Mt 5,1-12
Gesù vede le folle e ammaestra i discepoli. È come se, vedendo le folle, le nominasse discepole del regno. Meglio, però, capire che i suoi discepoli sono le folle che gli si avvicinano e si siedono ai suoi piedi per impararne l’insegnamento. Se Gesù, quando vede le folle, percepisce la spiga matura nata da lui, divino seme sepolto nella terra per portare mille volte il frutto, è perché sa che il popolo nuovo sarà il suo corpo dilatato nel tempo, la sua Sposa feconda, il nuovo tempio del suo Spirito.
Un discorso nuovo, senza precedenti. Gesù inaugura una parola impensabile, che rovescia i luoghi comuni. Nove beatitudini, tutte parole nuove aggrappate alla decima che le contiene e le giustifica: la resurrezione di Gesù, la pasqua di vittoria sulla sconfitta della morte. Le beatitudini, in senso proprio, parlano di Gesù. Anche Giacomo, nella sua lettera, le attribuisce alla Sapienza, che è Gesù.
Due beatitudini ci collegano a Dio (“I puri di cuore lo vedranno”, e “gli operatori di pace saranno chiamati suoi figli”); eppure nessuna beatitudine gli è slegata perché tutto viene dal Padre: è lui che consola, che ha misericordia, che dà la terra…
Come la povertà è fatta beata dalla comunione che risana il bisogno, così tutte le beatitudini si svelano nella vita dei Santi che le hanno realizzate. E, innanzitutto, in Maria. Se la prima beatitudine che troviamo nella Bibbia riguarda la maternità (Lia, dopo che la sua schiava ebbe partorito a Giacobbe un secondo figlio, dichiara: “Sono felice, perché le donne mi diranno beata!”), il Vangelo mostra esplicitamente Maria come beneficiaria di tre beatitudini. La prima, indicata da Elisabetta, riguarda la fede (“Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”); la seconda è annunciata dalle labbra stesse di Maria (“D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”); la terza è detta da una donna anonima che alza la voce in mezzo alla folla (“Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte”) alla quale Gesù risponde coinvolgendo e correggendo (“Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”).
La felicità è l’altro nome della beatitudine. Molto più che un semplicistico “tenersi per mano e andare lontano…”.