Es 17,8-13; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8
La relazione tra Dio e i discepoli di Gesù è a immagine e imitazione della comunione tra il Padre e il Figlio. Due grandezze incommensurabili, avvicinabili a patto di una preghiera instancabile e continua. Da qui la pagina di Vangelo che inizia con la povera vedova che chiede giustizia e che si chiude col mendicante cieco che invoca misericordia.
Non stancarsi di pregare, neppure davanti ad un’evidente sordità di Dio, significa non cedere all’amarezza di sentirsi inutili e pensare che non siamo ascoltati ed esauditi dal Signore. La figura della misera vedova (una donna sola, una nuzialità perduta, povera, oppressa da un avversario iniquo) e del giudice che non ha riguardo neppure di Dio è cruda e perciò efficace a capire che si tratta di una vera richiesta di salvezza, impossibile all’uomo. Gesù non solo dice che Dio risponderà al grido, ma che lo farà “subito”: questo è il tempo della salvezza. Se la domanda è una implorazione dolorosa, la risposta viene in fretta, contemporanea al respiro del cristiano.
Non è detto quale sia il contenuto della supplica della vedova, l’oggetto della sua richiesta di giustizia. Quello che conta è capire che l’avversario è il male e che la giustizia sarà la vittoria sull’antico nemico. Gesù sta andando a Gerusalemme; lì si compirà la salvezza – a Pasqua – la vincita della vita sulla morte.
La preghiera di essere liberati dal nemico ricorda il Padre Nostro. E pregare senza stancarsi è innanzitutto una disposizione dell’animo, un incoraggiamento a mostrare vicinanza a tante esperienze della nostra vita e ad avere uno sguardo di tenerezza nei confronti degli uomini.
La vedova insiste tenacemente; gli eletti del Signore “gridano giorno e notte verso di lui”. Anche noi, ogni giorno, iniziamo le “ore” della preghiera cristiana con le parole del Salmo: “Dio vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto”. La fede ci insegna che la preghiera è sempre accontentata e soddisfatta da Dio, per amore e in risposta alla fede della sua sposa. Questo è l’animo che Dio vorrebbe trovare alla fine dei giorni.