Am 8,4-7; 1Tm 2,1-8; Lc 16,1-13
Cento barili d’olio erano un capitale, corrispondevano a più di tre anni di paga per un operaio. Anche cento misure di grano erano circa 260-280 quintali. Si trattava in ogni caso di un debito enorme, fuori dalla comune capacità. Così come la misericordia del Signore nei nostri confronti: un amore senza parallelo.
Gesù ricorre a una parabola audace. È reale l’accusa all’amministratore che sta per essere licenziato; eppure, con scaltrezza, riesce ancora a procurarsi riconoscenza e favori dai debitori del padrone. Il Signore non loda la furbizia, ma mostra, ancora una volta, fin dove si spinge la sua giustizia, che è l’altro nome della misericordia: quasi ad apparire ingiusta, esagerata, come sembrò al fratello maggiore la festa per il prodigo ritornato a casa.
Questa misericordia del Padre viene ora chiesta a noi ed è custodita – pur mantenendo un’enorme differenza! – nella richiesta del Padre nostro: perdonaci come anche noi perdoniamo ai nostri debitori. Il Signore ci chiede di praticare la sua stessa compassione e di farlo in suo nome. Il fatto che i peccatori siano definiti “debitori”, come i personaggi della parabola, suggerisce il legame tra la misericordia e la “ricchezza” che è disonesta quando non è data, non è condivisa nella comunione dei beni.
Misericordia è partecipare e condividere l’amore di Dio, ricevuto e ridonato. Fuori da questa danza (pericoresi è il termine che indica il rapporto fra le Persone divine), le ricchezze di questo mondo sono cose di poco conto, anche cento barili d’olio o cento misure di grano.
Alcune parole dei Padri della Chiesa. L’ultima è luminosa nella sua audacia, come la parabola di oggi.
“Non pensiate che tutto quello che avete sia esclusivamente vostro. Fatene parte anche ai poveri, agli amici di Dio. Di Lui infatti, che è nostro Padre, sono tutte le cose. Noi siamo fratelli”. (San Gregorio Nisseno)
La differenza tra superfluo e necessario: necessario è quanto serve per vivere e vestirsi, mentre il di più è superfluo ed appartiene ai poveri. (S. Girolamo e S. Agostino)
Ci sono dei casi in cui bisogna dare perfino il necessario. (S. Giovanni Crisostomo e S. Gregorio Magno)
“Se ciascuno prendesse soltanto di che sopperire ai propri bisogni, e lasciasse il di più all’indigente, nessuno sarebbe ricco, nessuno sarebbe povero”. (S. Basilio)
“Non ci sarebbe povertà, non ci sarebbe eccessiva ricchezza, se ci fosse la carità: ci sarebbe solo quanto di buono può dare l’una e l’altra. Dall’una prenderemmo l’abbondanza, dall’altra la libertà dalle preoccupazioni e non patiremmo né le ansie della ricchezza né la paura della povertà”. (S. Giovanni Crisostomo)
“La divisione è una causa di impoverimento, la concordia e l’unione delle volontà una causa di ricchezza. Nei monasteri si vive ancora come nella Chiesa primitiva. Chi vi è mai morto di fame? Chi non vi ha trovato un nutrimento abbondante? Tuttavia gli uomini dei nostri giorni hanno più paura di vivere cosi che di gettarsi in mare. Se avessimo provato questa vita non la temeremmo. Se nel passato qualche fedele – ed i fedeli erano allora appena ottomila – ha osato, in presenza di un mondo ostile, senza aspettarsi alcuna approvazione, fare un tentativo coraggioso di vita in comune, quanto più noi lo potremmo fare ora che ci sono dei fedeli in tutto il mondo? Ci taccerebbero ancora da pagani? No, perché li avremmo attirati tutti a noi e conciliati con noi”. (S. Giovanni Crisostomo)