Es 3,1-8.13-15; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
Fatti di sangue (i galilei fatti uccidere da Pilato e i diciotto schiacciati dalla torre di Siloe) messi a confronto con l’esigenza di una vita trasformata, convertita a Lui. Le parole del Signore devono segnare un nuovo tratto di cammino determinato come lo è lui verso la Pasqua e verso il dono dello Spirito.
Va cambiato innanzitutto il pensiero; da qui il duro appellativo “ipocriti” per dire la colpevolezza del mancato discernimento e il tentativo di disconoscere l’indiscutibile spiegazione fornita da Gesù. Meglio non provarci nemmeno a giustificarci dinanzi al giudice: saremmo condannati perché colpevoli. Tutti abbiamo bisogno di convertirci.
Il fico senza frutti andrebbe tagliato. Meglio rivolgersi a Gesù e incrociare il suo sguardo: è Lui l’anno della misericordia perché tutti possiamo convertirci e salvarci. La sua opera Messia è l’evento supremo della misericordia di Dio nella storia. La conversione è anche modifica di comportamenti, ma prima è trasformazione del pensiero, una nuova interpretazione della vita.
Dalle tragedie alla prospettiva di una vita rinnovata. Nella Pasqua del Signore è il volto nuovo della morte. Non più la morte come punizione. La morte è la morte. Tutti muoiono. Ma è qui la svolta pasquale della vittoria della vita sulla morte.
Nella parabola del fico sterile c’è un segreto supremo di misericordia. Il padrone è Dio si presenta con giusto giudizio. E il vignaiolo, Gesù, che deve tagliarlo, obietta e rinvia di un anno accompagnandoci con cura e premura fino al frutto. Anche la conversione è opera di Dio in Cristo!