“Quest’anno, il presepe apre una porta speciale, detta “santa”, per farci vivere il Giubileo, speciale esperienza di grazia e di fede, che il popolo di Dio potrà fare ovunque, non solo a Roma o nelle chiese giubilari. Ci faremo tutti ‘pellegrini di speranza’: questa infatti è la condizione umana da riscoprire, la chiamata al cammino spirituale da intraprendere. Lo faremo con semplicità, in tanti modi, luoghi e momenti, cominciando dalle nostre cattedrali nel pomeriggio di domenica 29 dicembre. Per riaprire porte dai cardini arrugginiti e cigolanti, mettendo olio sulle ferite delle nostre storie, nella riconciliazione che la Misericordia di Dio rende sempre possibile”. Lo ha scritto il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, nel messaggio di auguri natalizi alla comunità diocesana.
“D’inverno, con il freddo, non si possono tenere aperte le porte! Certo, ma forse osare riaprirle (quelle del cuore, delle relazioni, della fiducia…) è l’unico modo per scaldarsi, vivere e sperare. Quante porte vengono invece sbattute e sbarrate, quanti confini si attrezzano di muri e trincee. Quante porte restano mute e immobili, davanti a chi bussa per chiedere aiuto. Anche le porte delle chiese dovrebbero essere più aperte, come braccia materne, per offrire ascolto e consolazione, a chi magari senza saperlo cerca proprio Dio…”, osserva il presule ricordando il noto detto “quando una porta si chiude, si apre un portone” (attribuito allo scienziato Alexander Graham Bell). “Ne conosciamo anche una versione ‘religiosa’, che suona così: ‘Quando Dio chiude una porta, apre una finestra’. Ce lo diciamo – commenta mons. Napolioni – quando la vita ci prova, quando siamo in crisi, quando sembra di essere in un vicolo cieco. E oggi questa sensazione si fa collettiva, come una pandemia dell’anima, a cui l’unica reazione possibile pare quella della rabbia o dell’indifferenza, della violenza o della paura, della piccola e grande guerra”.
“Questo mondo – ammonisce il vescovo – chiede alla Chiesa di vivere la sua missione nello stile della prossimità. Perciò i ‘veri cantieri del giubileo’ sono cantieri di ascolto, condivisione, rinnovamento. Dove è benvenuto l’apporto di ciascuno: è sufficiente ospitare i vicini, conoscere le periferie, andare incontro a qualche solitudine, vincere pregiudizi e dialogare con chi ci appare diverso e distante… per fare insieme Giubileo, sperimentando che la gioia del Natale cambia lo sguardo su ogni cosa, ogni giorno dell’anno”. “Il Dio fatto bambino ci salva e ci sfida, e ogni bambino ci ripropone la responsabilità di un concreto impegno perché il suo futuro sia degno dei figli di Dio, un futuro di pace e di giustizia”, conclude mons. Napolioni, esortando: “Non possiamo rimandare, perché questo è il momento tanto critico quanto favorevole, l’anno di grazia, quando Dio stesso ci bussa alla porta per rinnovare bellezza e forza della nostra piccola vita”.