Diritto d’asilo: mons. Felicolo (Migrantes), “persone in fuga in aumento da 20 anni, incontrano sempre più ostacoli e difficoltà”

“Per riuscire a dire qualcosa sul mondo della mobilità umana, dell’emigrazione, dell’immigrazione e del diritto d’asilo, bisogna partire da una corretta informazione e comunicazione”. Questo è il motivo della pubblicazione dell’ottavo Report sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes, come spiegato oggi a Roma, nella presentazione in corso alla Pontificia Università Gregoriana, dal direttore, mons. Paolo Felicolo. Perché, come ha affermato Papa Francesco “bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti” e “quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave”. Con il Report, ha proseguito don Felicolo, “proviamo a entrare nel merito di chi sono le persone nel mondo costrette a fuggire, da che cosa fuggono” per continuare a riconoscere “umanità e dignità” a chi fugge. La questione di fondo è che “le persone che scappano nel mondo sono in aumento da circa 20 anni. E purtroppo nel loro cammino incontrano sempre più ostacoli e difficoltà”. “In un mondo dove le guerre e le tensioni sembrano solo moltiplicarsi, diventa sempre più importante fare ognuno la propria parte per diventare invece costruttori di pace – ha affermato -. Per raggiungere la pace è necessario, da una parte, mantenere sempre aperto il dialogo; ma, dall’altra, lavorare e informare rispetto alle origini e alle cause delle diseguaglianze e delle tensioni”. Il direttore della Fondazione Migrantes ha evidenziato “il dolore degli innocenti, dei bambini che diventano vittime sia nei conflitti, ma anche nei viaggi intrapresi per provare a salvarsi, o una volta che approdano in uno dei nostri paesi”. Il Mediterraneo, invece di essere, “un mare che unisce, dove le relazioni e i ponti dovrebbero prevalere è invece in grande sofferenza dal punto di vista climatico come anche dal punto di vista umanitario”. Mons. Felicolo ha ricordato che il Mediterraneo continua a svolgere un’importante opera commerciale: “da qui passano il 30% delle merci del mondo e circolano ogni anno 220.000 navi”. Purtroppo, ha sottolineato, “al momento le merci sembrano la sola cosa che continua a transitare liberamente” mentre “registriamo invece dati climatici e umanitari sempre più critici: dal punto di vista ambientale, il Mediterraneo fa parte di quelle aree calde del mondo dove il riscaldamento climatico è anche più forte (abbiamo il 20% in più di riscaldamento rispetto ad altre zone) e questo porta a un innalzamento più celere, con conseguenze sui processi di desertificazione, insieme a una maggiore probabilità di alluvioni estreme e frequenti nelle terre che vi si affacciano”. Le persone perciò “scappano e usano la rotta del Mediterraneo e per fuggire soffrono”. “Negli ultimi 20 anni – ha ricordato – sono più di 30.000 le persone che vi hanno perso la vita. Davvero non possiamo e non vogliamo più che il mare che ha rappresentato la culla di tante società e culture, che negli anni sono cresciute e continuano ad abitare sulle sue sponde, sia oggi un cimitero a cielo aperto, dove muoiono sia adulti che bambini”.

 

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