In occasione della Giornata mondiale dei diritti umani, il Tavolo Asilo e Immigrazione ha presentato a Roma, presso la Cgil nazionale, il rapporto dal titolo “Cpr d’Italia: porre fine all’aberrazione”. Questo documento è il risultato di un monitoraggio approfondito, condotto tra aprile e agosto 2024, su otto Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) attivi in Italia: Bari, Gradisca d’Isonzo, Macomer, Milano, Palazzo San Gervasio, Pian del Lago, Restinco e Roma. Il report offre una denuncia puntuale e documentata delle “condizioni aberranti che caratterizzano questi centri, consolidatisi nel tempo come una grave violazione etica, giuridica e politica”. “È necessario arrivare a una chiusura definitiva di queste strutture e promuovere alternative umane e sostenibili alla detenzione amministrativa”, affermano le organizzazioni che aderiscono al Tavolo Asilo e Immigrazione. Il rapporto, elaborato a partire dai contributi delle delegazioni che hanno effettuato le visite (formate da rappresentanti politici e di oltre 40 organizzazioni della società civile), incrociati con le numerose evidenze emerse nel corso degli anni e con i dati della piattaforma “Trattenuti” di ActionAid e Università di Bari, offre una fotografia inquietante della realtà quotidiana nei Cpr italiani. I dati e le testimonianze raccolte durante le visite – condotte con molteplici ostacoli posti da prefetture ed enti gestori – parlano di “un sistema che non solo è inefficace nel raggiungere i suoi obiettivi dichiarati, ma che perpetra condizioni di vita degradanti, incompatibili con i principi di uno Stato di diritto”.
Le strutture visitate hanno rivelato “un quadro uniforme di degrado e abbandono”: “Stanze sovraffollate e spesso fatiscenti accolgono i trattenuti in spazi fatiscenti, senza privacy né igiene. In alcuni centri, come a Gradisca d’Isonzo, sono stati riscontrati vetri rotti e materiali pericolanti, mentre altrove – ad esempio a Milano – i servizi igienici sono risultati gravemente insufficienti, con docce prive di porte e bagni in condizioni precarie. L’alimentazione, affidata a soggetti esterni, è risultata spesso inadeguata e mal gestita. A Bari e Macomer i pasti vengono consumati direttamente nelle celle in condizioni igieniche discutibili, così come a Palazzo San Gervasio, dove, al pari di altre strutture, la tracciabilità dei prodotti alimentari è inesistente. La carenza di personale specializzato, come mediatori culturali e psicologi, aggrava ulteriormente il disagio delle persone trattenute. Molte di loro non comprendono la ragione della propria detenzione e non hanno accesso a un’informativa legale adeguata. Le attività ricreative, che potrebbero mitigare il senso di isolamento, sono pressoché inesistenti, incrementando ulteriormente il disagio psicologico”.
Tra il 2018 e il 2023 quasi 33.000 persone sono state trattenute nei Cpr, 6.700 circa nel 2023. I tunisini rappresentano quasi la metà dei trattenuti, hanno una percentuale di rimpatrio del 70% (per le altre nazionalità, il tasso scende sotto l’8%), ma sono solo l’11% delle persone giunte in Italia nel 2023. Guardando agli ordini di allontanamento, cioè alle persone “da rimpatriare per legge”, il fallimento del sistema detentivo è completo: tra 2014 e 2023 i rimpatri dai Cpr non superano mai il 12% degli ordini di allontanamento. Negli ultimi sei anni, il sistema Cpr ha drenato oltre 92 milioni di euro dalle casse pubbliche, con una media annuale di 1,6 milioni per struttura e con un costo giornaliero per trattenuto che oscilla, nel 2023, tra i 30 e i 42 euro (fonte: piattaforma “Trattenuti”). Inoltre, si stima che dal 1998 ad oggi siano oltre 30 le persone che hanno perso la vita nei Cpr, le ultime due quest’anno, giovani appena maggiorenni, nei Cpr di Ponte Galeria e Palazzo San Gervasio.