Si può ritenere ormai una consuetudine (è avvenuto regolarmente anche in passato) la “concessione” che arriva dalla Congregazione pontificia per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, su richiesta del presidente della Conferenza episcopale italiana, di celebrare la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria quando essa coincide, come quest’anno, con la seconda domenica d’Avvento, anche se questa liturgicamente avrebbe la precedenza. Ciò, viene detto, considerando la grande devozione esistente nel popolo italiano (basti pensare agli innumerevoli santuari…), confermata dal fatto che la data dell’8 dicembre è “giorno di precetto”.
Del resto, venerare in modo particolare Maria in questo periodo “privilegiato” dell’Anno liturgico non distoglie certo dallo spirito d’Avvento, anzi aiuta a vivere questo speciale tempo di attesa in maggiore unione con colei che è la “donna dell’attesa”, che, prima e sopra ogni altro, ha accolto mirabilmente, ha portato fedelmente e continua a portarci Gesù.
Anche nella nostra diocesi, come altrove in Italia, numerosissime sono le chiese dedicate a Maria ed è sempre fervida la devozione del Rosario, che quasi ovunque si recita quotidianamente nelle comunità (magari prima della messa) e non di rado in famiglia; resiste in molte parti anche la devozione mariana del “fioretto” del mese di maggio, e in alcune comunità anche, ora, la Novena dell’Immacolata.
Innumerevoli sono un po’ ovunque i capitelli mariani – ce n’è uno praticamente in quasi tutte le calli clodiensi – davanti ai quali si continua a pregare. Un segnale ulteriore a Chioggia, nella chiesa dei padri Filippini, è dato, proprio in questo tempo d’Avvento, dalla tradizione della messa “Rorate”, a dire il vero importata recentemente dagli stessi padri dalla Polonia ma che si è subito radicata e diffusa in città: è noto che prende il nome dalla prima parola dell’Introito, cioè l’antifona latina d’ingresso: Rorate caeli desuper et nubes pluant iustum – Stillate, o cieli, dall’alto e le nuvole facciano piovere la giustizia (Isaia 45, 8). Una messa votiva mariana che si celebra ogni giovedì d’Avvento (quest’anno saranno solo tre) prima dell’alba, in un’atmosfera di luce soffusa, con paramenti bianchi e il canto del Gloria, quasi ad anticipare appunto la gioia del Natale. Nell’ultimo giovedì (il 19 dicembre) sarà il vescovo stesso a presiederla.
Penso anche alla tradizione popolare della “Chiara stella” diffusa e praticata ancora in molte nostre comunità, in città come nell’entroterra che, anche se non esplicitamente mariana, aiuta a vivere l’attesa natalizia con gioia e simpatia familiare. La solennità dell’Immacolata segna anche il classico appuntamento in piazza di Spagna a Roma per l’omaggio all’icona che (dalla proclamazione del dogma) svetta sulla ottocentesca colonna quasi a vegliare sulla “città eterna”: Papa Francesco rinnoverà l’evento, nel cuore di Roma, dopo la visita alla basilica di Santa Maria Maggiore. E, per allargare lo sguardo, è bello mettere in rilievo un avvenimento internazionale che coincide con questa giornata d’Avvento e mariana insieme. L’8 dicembre, infatti, è stato scelto in Francia per inaugurare e riaprire ai fedeli e al pubblico la duecentesca affascinante cattedrale di Parigi, quella “Notre-Dame” che nell’aprile del 2019 fu funestata da un pauroso incendio, tra la costernazione del mondo intero, e che ora risplende con ancora maggiore bellezza, come un rinnovato inno all’arte e alla fede, nel nome di Maria, pur in un mondo secolarizzato.
Ma in questo tempo di preparazione gioiosa alla festa del ricordo della nascita del Signore Gesù, segnato da uno sfolgorio di luci sulle nostre strade e nelle nostre case, penso sia impossibile non volgere il pensiero a quelle comunità di credenti cristiani che vivono, invece, un tempo di angoscia, reso ancor più lacerante dal rammarico di non poter condividere serenamente lo spirito della festa. Pensiamo ai bambini e alle famiglie dell’Ucraina, costretti al freddo e al buio da una costante minaccia diabolica; ma anche ai soldati al fronte, dell’una e dell’altra parte, dove neanche in questo terzo anno, con ogni probabilità, sarà rispettata un’eventuale “tregua natalizia” (anzi!…), in nessuna delle due date – cattolica, il 25 dicembre, o ortodossa, il 7 gennaio – della festa più bella. Così nella Terra di Gesù, dove – nonostante qualche bagliore di fragile tregua – continua la tragica situazione di distruzione e di morte, in un’atmosfera di odio e di rivendicazione; e le piccole comunità cristiane, come quelle di altre confessioni, sono costrette a vivere il Natale nella paura, per quanto tenacemente ispirate alla speranza. Ed ora, questa sorta di perverso gioco del “domino”, come viene paragonato, si è esteso in Siria… Dolore, morte, fuga, odio, paura: ben lontani dallo spirito del Natale. Vieni, Signore Gesù!