Diocesi: mons. Carbonaro (Potenza), l’acqua “non sia monopolio privato per il profitto di pochi, ma sia dono libero dato dal Creatore per il bene di tutti”

“Desidero in questo momento essere la voce di uomini e donne della nostra terra di Basilicata, i quali chiedono che venga rispettato il diritto al bene comune dell’acqua”. Lo ha detto l’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, mons. Davide Carbonaro, nell’omelia dei vespri per la solennità di Cristo Re esprimendo preoccupazione per quanto sta accadendo in relazione al razionamento della risorsa idrica. La recente crisi idrica – ha detto -, dettata da “innegabile incuria delle infrastrutture, richiede un esercizio più rigoroso da parte di chi è preposto alla cosa pubblica. Senza rimanere impigliati dalle polemiche e dai fatalismi, si risolva l’emergenza non con tamponamenti provvisori, ma con una lungimirante progettualità, che veda a lungo termine l’uso dei fondi pubblici per una definitiva risoluzione del problema. E questo senza nascondersi dentro strutture istituzionali che alle volte sono delle vere e proprie scatole cinesi, dove l’irresponsabilità e la mancanza di visione di alcuni, ricade sulla sofferenza di molti”. Per il presule potentino l’acqua, sorella acqua, “tanto umile e preziosa” come affermava san Francesco, “non sia monopolio privato per il profitto di pochi, ma sia dono libero dato dal Creatore per il bene di tutti”. Alla fine dell’anno liturgico “ci viene chiesto – ha detto ancora l’arcivescovo – “che tipo di potere seguire. Quello dettato dalle agende dei signori di questo mondo, o il potere di un uomo nudo crocifisso che dona la vita con libertà e insegna a fare altrettanto. Sta qui lo spartiacque della proposta del Vangelo, di quella regalità che scaturisce dal nostro Battesimo”.  Nella sua omelia mons. Carbonaro ha detto di aver celebrato l’Eucarestia a Balvano “uno dei simboli della terribile ferita provocata nel 1980 dal sisma nelle nostre terre. Al mio ingresso mi ha colpito e commosso l’abbraccio dei più piccoli della Comunità parrocchiale. A loro dobbiamo molto, ai giovani del nostro Sud, soprattutto quelli che crescono nelle arie interne. Non meritano gli scarti o risorse tampone, ma progetti lungimiranti di educazione, di amore al territorio, di progettualità imprenditoriali intelligenti, che garantiscano una futura stabilità e una rinascita dei nostri centri urbani. Nei loro occhi ho visto la regalità di Cristo che brilla ancora nella nostra storia e ne sono grato”.

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