Il racconto biblico della torre di Babele è divenuto un paradigma universale della nostra cultura: un progetto umano che, con la tecnologia, vuole unire gli esseri viventi in un’unica opera, cultura e lingua che, collassando, dà come esito la dispersione dei popoli e l’incapacità di intendersi. Questa immagine sembra ben descrivere le prime due decadi del secolo in cui viviamo. Nel suo ultimo libro “Il crollo di Babele” (Edizioni San Paolo 2024) da oggi in libreria, padre Paolo Benanti, francescano, teologo e docente tra i massimi esperti di bioetica ed etica delle tecnologie, descrive come nel primo decennio la società abbia costruito con Internet e gli smartphone una torre globale, culminata con le Primavere arabe del 2011, dove si è convinta che i mezzi digitali potessero unire e liberare popoli e democrazie. Nella seconda decade, con l’avvento delle grandi platform e con la loro radicale necessità di monetizzare i dati degli utenti, il mondo ha assistito al crollo della torre: inquietudini, fake news, esaltazione dell’io e delle contrapposizioni che sfidano oggi il dibattito democratico e il mantenimento della pace culminate con le rivolte di Capitol Hill nel 2021. Cosa attende l’uomo dopo il crollo di Babele? Tra Elon Musk, psicopolitica e potere digitale il presidente della Commissione AI per l’informazione, nel suo ultimo libro, descrive il crollo del sogno di internet e l’avvento di una nuova epoca guidata dall’Intelligenza artificiale.