Sanità: don Angelelli (Cei), con la legge sull’Autonomia differenziata “curarsi per gran parte della popolazione diventerebbe quasi impossibile”

Don Massimo Angelelli ha messo l’accento sull’importanza “di fare squadre da parte dell’intera sanità cattolica”, invitando “tutti i soggetti in campo ad unirsi, a superare eventuali forme di isolamento”, durante l’assemblea generale dell’Aris, l’Associazione religiosa istituti socio-sanitari, svolta a Roma per la conclusione delle celebrazioni del Sessantesimo anniversario della fondazione.
Il direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della Salute della Cei ha espresso la consapevolezza che “solo procedendo insieme e con spirito di unità, la sanità cattolica non profit convenzionata può far sentire il suo peso senza forme di soggezione”. Da parte sua è arrivato anche un forte richiamo “all’esigenza che anche da parte della sanità cattolica si metta in pratica una vera e propria lotta agli sprechi, varando buoni bilanci, con attenzione sia dal punto di vista farmacologico che sanitario”. Parole di critiche, inoltre, don Angelelli ha riservato anche alla legge sull’Autonomia differenziata “in gran parte respinta dalla Consulta con 7 profili bocciati e altri 5 messi in osservazione”. Una legge che “così come è stata concepita spaccherebbe l’Italia in tre aree contrapposte, con le regioni del sud sempre più povere, dove curarsi per gran parte della popolazione diventerebbe quasi impossibile, come non a caso – ha ricordato – anche la Cei ha avvertito in documento del 22 aprile scorso”. “Sarebbe molto meglio – ha concluso Angelelli – che piuttosto si approvasse una legge sulla solidarietà differenziata, nel senso che si deve soccorrere prima di tutti chi ha più bisogno”.

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