Obesità: Università Cattolica-Policlinico Gemelli, dalle adipochine la promessa di tanti possibili nuovi farmaci per contrastarne le conseguenze

Il dottor Gianluca Ianiro e il professor Antonio Gasbarrini (foto Policlinico Gemelli)

Le adipochine, ormoni o molecole dell’infiammazione prodotte dal tessuto adiposo, potrebbero diventare nuovi bersagli terapeutici. I loro segreti e come sfruttarle per combattere e prevenire una serie di malattie cardio-metaboliche, dal diabete di tipo 2, alle malattie cardiovascolari, al fegato ‘grasso’, sono riassunti in una review pubblicata su Nature Immunology da esperti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con l’Università di Innsbruck.
Il tessuto adiposo – viene spiegato in un comunicato –, lungi dall’essere un semplice magazzino di energia, è stato sdoganato da anni anche come organo endocrino, in quanto produttore di una serie di sostanze (come adiponectina, leptina) implicate nel controllo della fame e dell’appetito e quindi del peso corporeo. “Ma il grasso è molto più di questo – afferma Antonio Gasbarrini, preside della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, ordinario di Medicina interna e direttore della Uoc di Medicina interna e Gastroenterologia di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs –. È infatti un organo attivo anche sul versante immunitario, per la produzione di una serie di citochine come il Tumor Necrosis Factor (TNF) e l’IL-1 beta”. L’insieme di sostanze ad azione ormonale e citochine viene indicato col nome di adipochine. “I mediatori prodotti dal tessuto adiposo – prosegue il professor Gasbarrini – sono in grado di influenzare le risposte immunitarie alla base della cosiddetta ‘infiammazione metabolica’ e la metainfiammazione, che caratterizzano una serie di malattie metaboliche ed alla base di condizioni quali la resistenza insulinica, le malattie epatiche associate a disfunzione metabolica (il ‘fegato grasso’, steatosi epatica associata a disfunzione metabolica) e di una serie di complicanze cardiovascolari”. In un articolo pubblicato su Nature Immunology da Antonio Gasbarrini e da Gianluca Ianiro, in collaborazione con ricercatori dell’Università di Innsbruck (Herbert Tilg e Timon E. Adolph), gli autori mettono in evidenza come le adipochine partecipino a questa ‘conversazione’ immunitaria che si verifica tra una serie organi metabolicamente attivi e il loro ruolo fondamentale nell’obesità; ma anche di come queste conoscenze possano essere sfruttate per potenziali interventi terapeutici.
“La sostanza a maggior potenziale terapeutico – spiega Gasbarrini – è al momento l’FGF21, un’adipochina prodotta dal tessuto adiposo e dal fegato che migliora il metabolismo del glucosio, riduce i trigliceridi e aumenta la produzione di adiponectina; ha inoltre effetti anti-infiammatori e anti-fibrotici. Tutte azioni che ne fanno un target terapeutico ideale contro le malattie metaboliche. Al momento l’efruxifermina, una proteina di fusione Fc-FGF21 a lunga durata d’azione è al vaglio di studi clinici sulla steatoepatite metabolica”.
“La perdita di peso, ottenuta attraverso la chirurgia bariatrica o con i farmaci anti-obesità (come gli analoghi recettoriali del GLP-1 o doppi agonisti GLP-1 e GIP) – conclude il professor Gasbarrini – è il modo più efficace per ‘spegnere’ l’infiammazione sistemica e migliorare gli esiti a lungo termine nell’obesità. Nel frattempo, sono in rampa di lancio anche gli studi clinici sugli agonisti dell’adiponectina. Ed è importante continuare ad approfondire le ricerche sul ruolo delle diverse adipochine nelle varie patologie cardio-metaboliche, anche con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, visto che la pandemia di obesità è destinata ad aggravarsi nella prossima decade”.

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