Testimone fedele delle trasformazioni della città e della Chiesa di Roma. Questa la missione che da cinquant’anni si impegna a svolgere RomaSette, il settimanale della diocesi di Roma in edicola la domenica con Avvenire. Fu fondato con il nome “Roma 7” (poi diventato “RomaSette”) il 17 novembre 1974 da monsignor Elio Venier, per oltre trent’anni alla guida dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali. Era la vigilia del Giubileo del 1975 ed era l’anno del convegno “Le responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e di giustizia della diocesi di Roma”, passato alla storia come il “Convegno sui mali di Roma”. Si respirava un grande fermento sociale e religioso e il settimanale ha saputo cogliere le sfumature più profonde della vita cittadina, dando voce a quelle che oggi Papa Francesco definisce le periferie esistenziali. Da 28 anni, dal dicembre 1996, è responsabile del settimanale Angelo Zema che vi aveva collaborato già dal 1990 al 1992. “È diventato un po’ la mia seconda casa” esordisce. Negli ultimi 50 anni si è assistito a una trasformazione radicale del modo di comunicare. “La comunicazione – prosegue Zema – ha fatto passi da gigante e i cambiamenti sono sotto gli occhi di tutti. Basti pensare alla possibilità di comunicare da una parte all’altra del mondo con grande facilità grazie a internet. Man mano alcuni strumenti hanno inevitabilmente preso il posto di altri e sono cambiate tante abitudini. Sui mezzi pubblici è sempre più difficile vedere qualcuno che legge un giornale. Abbiamo tutti in mano lo smartphone. Quarant’anni fa in Italia i quotidiani vendevano circa sei milioni di copie al giorno e oggi sono scese a 1,31 milioni di copie. È un cambiamento epocale”. È uno dei temi che sarà dibattuto mercoledì 20 novembre alle 10 alla Lumsa durante il convegno “Giornalismo e speranze. Le speranze del giornalismo” promosso per celebrare il cinquantesimo di RomaSette dall’Ufficio per le Comunicazioni sociali del Vicariato con Ordine dei giornalisti del Lazio, Lumsa, Ucsi Lazio e RomaSette. In un’era dominata dalla tecnologia digitale e, come detto, dal calo dei lettori, Zema è certo che “i giornali cartacei restano ancora un punto di riferimento in termini di autorevolezza. Nella loro versione di carta e digitale il segreto è sicuramente la creatività. Creatività nell’offerta dei contenuti e nelle proposte editoriali”. Se le cifre relative alla diffusione dei giornali potrebbero scoraggiare “è anche vero che ci sono dei quotidiani che resistono – osserva il responsabile del settimanale diocesano -. Uno di questi, per esempio, è Avvenire che ha lanciato anche di recente proposte editoriali coraggiose. È il giornale con cui condividiamo una partnership editoriale da cinquant’anni ed è un giornale che ancora tiene fortemente sul mercato, è tra i primi in Italia”. La creatività è quindi l’anima delle redazioni che devono “saper utilizzare anche l’innovazione tecnologica al meglio non vedendola come una minaccia”. Riflettendo proprio sulle sfide poste dalla tecnologia e dai social network, dove l’informazione è alla portata di tutti e molti si improvvisano giornalisti, Zema riflette che “le difficoltà senz’altro esistono e le insidie anche, pensiamo alle fake news”. Concentrandosi sulle potenzialità che i cambiamenti offrono, si dice “convinto che si possa fare ancora una comunicazione efficace rispettando le buone regole del giornalismo. Negli ultimi anni Papa Francesco – aggiunge – con i suoi messaggi per le Giornate mondiali delle comunicazioni sociali ha offerto un piccolo compendio che può essere utile a tutti coloro che fanno questo mestiere”. Ricorda a tal proposito il monito di Bergoglio a “consumare la suola delle scarpe” e ribadisce che “stare dentro i fatti è fondamentale. Con la passione, il desiderio di raccontare e di servire la verità usando un linguaggio adeguato. La qualità farà la differenza rispetto all’improvvisazione”.
Da oltre vent’anni appartiene “alla grande famiglia” della Fisc, la Federazione Italiana Settimanali Cattolici, prima come RomaSette e poi, dal 2006, con l’esordio online, come romasette.it la testata online di proprietà della diocesi di Roma. Compito di un giornale diocesano è anche quello di far emergere il bello che c’è nelle diocesi, anzi, “è doveroso – sottolinea Zema -. C’è tanta gente che desidera, per dirla ancora con il Papa, respirare la verità delle storie buone. Storie che edifichino non che distruggano. C’è molto sensazionalismo che non fa bene al tessuto sociale. Può lacerare, innescare paure. Compito di giornali come il nostro è quello di praticare un giornalismo di prossimità che sappia certamente portare alla luce il bene nascosto, ma anche i diritti violati dei rifugiati così come gli sguardi feriti dei senza dimora. Raccontare il bello è anche ad esempio narrare l’incontro tra Agnese Moro e Adriana Faranda dove il male ha lasciato il posto a un percorso sofferto di riconciliazione. Non è fare informazione smielata ma abitare la complessità della vita”. Per Zema difficile scegliere “la” notizia che porta nel cuore tra le migliaia scritte e raccontate. Degli anni in cui era collaboratore ricorda “con grande soddisfazione l’inchiesta nei primi anni ‘90 con il collega Maurizio Di Schino, attuale presidente Ucsi Lazio, sulle parrocchie di periferia ancora prive di una vera e propria chiesa. Fu un’esperienza umana e professionale molto positiva”. Da responsabile del giornale il pensiero va subito “all’ultima drammatica fase del pontificato di Giovanni Paolo II e a quel sabato 2 aprile 2005 del suo addio che raccontammo con modalità straordinaria. Porto però nel cuore tutte le storie che ho raccontato e le persone che ho incontrato, in ciascuna c’è una ricchezza che mi ha illuminato”.