“La salute al centro. Per il futuro di tutti”: è stato il tema dell’Annual Meeting di Medici con l’Africa Cuamm, alla sua 14ª edizione, che si è svolto a Torino, il 16 novembre. Il Meeting è stato l’occasione per presentare i dati del programma “Prima le mamme e i bambini”: 101.132 i parti assistiti realizzati nel terzo anno, in 8 Paesi dell’Africa a sud del Sahara (Angola, Etiopia, Mozambico, Tanzania, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sud Sudan, Uganda), dove il Cuamm interviene; 817.916 le visite prenatali; 3.804 i bambini malnutriti trattati e 340 i manager sanitari locali formati. In tre anni 290.056 i parti assistiti (il 58% in tre anni di quelli previsti – 500 – in 5 anni, dal 2022 al 2026). Al Meeting nelle parole di don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, anche un nuovo impegno: “Vi voglio parlare dell’ultima nuova grande sfida che come Cuamm abbiamo deciso di intraprendere: su richiesta del Ministero della Salute locale, vorremmo costruire un nuovo centro di formazione a Bossangoa, una zona poverissima del Centrafrica, dove abbiamo già abilitato la maternità. Tutto questo costa 1 milione di euro, ma siamo fiduciosi di trovarli, con l’aiuto di tutti”.
“La missione in Centrafrica – spiega don Carraro – mi ha portato fino a Bossangoa, a 8 ore di macchina dalla capitale, davvero nell’ultimo miglio. Qui manca tutto, anche i pochi centesimi di euro per comperare un po’ di riso o qualche cucchiaio di farina al mercato. La gente fatica a fare un pasto al giorno, oggi ancor più di 3 anni fa. Le mamme non vanno a partorire in ospedale, perché non hanno quei miseri centesimi di euro che servono per pagare un trasporto, anche solo in motoretta. Eppure, quando come Cuamm abbiamo cominciato a garantire il trasporto gratuito, ecco che, nel giro di 3 mesi, il numero di donne che hanno partorito in ospedale è triplicato”. Una zona grande ma senza servizi: “Un’area di 200.000 persone, un ospedale, quello di Bossangoa, di 120 posti letto. Ad esclusione della pediatria, gestita a parte da un’altra ong, il resto dell’ospedale è fatiscente. Non c’è una maternità. Il blocco operatorio è nudo e spoglio, usato solo in caso di estrema necessità. Come Cuamm abbiamo preso l’impegno, con le autorità locali, di ricostruire ed equipaggiare la maternità. Sono tre stanze distribuite una lontana dall’altra. Una stanza del travaglio, la sala parto e quella post partum. Non c’è un abbozzo di neonatologia. Il direttore del distretto che ti dice: ‘Grazie per questa nuova maternità che verrete a fare. Ne abbiamo davvero bisogno. Per noi da soli è difficile’. E poi abbassa lo sguardo e con un po’ di imbarazzo continua: ‘Avremmo bisogno anche di un piccolo generatore per il personale del distretto, senza non riusciamo a lavorare’”. Don Dante evidenzia la missione del Cuamm: “Essere vicini a questa gente e ricostruire: sono la nostra vita. Lo vogliamo fare, come lo ha fatto Francesco Canova (il fondatore del Cuamm, ndr). È la nostra storia, di determinazione e tenacia incrollabili. Nella certezza che il Buon Dio per primo, prima di noi, ha a cuore i poveri e ci indica la strada”.
Fabio Manenti, responsabile del Settore Progetti, sottolinea: “L’attenzione per la salute materno-infantile è una costante per Medici con l’Africa Cuamm, in tutti i Paesi del suo intervento in Africa. Avviato nel 2022, il nuovo e ambizioso progetto ‘Prima le mamme e i bambini. Persone e competenze’ allarga gli obiettivi, rispetto ai precedenti e, oltre a garantire l’assistenza al parto e la cura dei bambini, con attenzione particolare ai malnutriti, dà un’enfasi particolare alla formazione delle persone, soprattutto anche in ambito manageriale e non solo clinico”.
Per quanto riguarda i parti assistiti, nel terzo anno del progetto, “abbiamo superato i 100mila, ci eravamo dati come target 100mila l’anno, gli anni precedenti siamo stati un po’ sotto (nel primo anno 93.014 e nel secondo 95.909), adesso siamo al 58% del target. Negli altri 2 anni credo che arriveremo al 100% del target (500mila in 5 anni). Quando abbiamo iniziato il programma abbiamo allargato l’intervento ad altri siti rispetto a quelli dove già lavoravano e dove le attività erano già più rodate e più avviate: nelle aree più nuove bisognava avviare il programma e far crescere i numeri. Ora i parti assistiti stanno crescendo come valore assoluto”.
Per quanto riguarda le visite prenatali “siamo ben oltre il target – assicura Manenti -. Sono state 216.364 nel primo anno, 282.225 nel secondo anno, 373.327 nel terzo anno, per un totale di 871.916, raggiungendo così l’87% del target totale in tre anni (un milione in 5 anni)”. In particolare “in questo terzo anno sono molto aumentate le visite prenatali e credo sia legato al fatto che anche dove abbiamo iniziato la nostra attività da 2 o 3 anni tutto sta procedendo meglio e quindi le visite prenatali sono le prime che aumentano in modo importante. Non tutte le donne che fanno una visita prenatale hanno poi un parto assistito, ma speriamo che man mano aumenteranno anche le donne che avranno un parto assistito. La visita prenatale è anche un momento importante per fare educazione delle donne, quindi non serve solo a identificare e correggere i problemi che eventualmente ci sono in gravidanza, ma anche educare alla natalità. È un lavoro di educazione delle donne durante la gravidanza, guardando al futuro”.
Per quanto riguarda i bambini malnutriti “siamo già oltre il target, in questo caso il target era almeno 3mila bambini ogni anno, 16mila in 5 anni. Nel primo anno i bambini malnutriti trattati sono stati 3.997, il secondo 4.105, il terzo abbiamo avuto un lieve calo arrivando a 3.804. Come target complessivo abbiamo raggiunto 11.906 bambini in 3 anni, equivalenti al 74%, quindi arriveremo ai 16mila bambini malnutriti severi trattati”. Il dato del terzo anno è in calo: “Trattare di meno potrebbe essere un fatto positivo se fosse perché le condizioni stanno migliorando, ma sappiamo che non è così, verificando la situazione sul campo e conoscendo anche la situazione internazionale. Questa riduzione di numero ci fa più pensare che ci siano, purtroppo, ancora più difficoltà ad accedere ai servizi, di essere presi in cura e messi in terapia. Certamente arriveremo al target che ci eravamo prefissati in 5 anni, ma il fatto che si è ridotto il numero degli assistiti nell’ultimo anno vuol dire, da un lato, che dobbiamo potenziare il servizio, di lavorare ancora di più per riuscire ad arrivare più capillarmente nelle comunità e nelle famiglie, facendo ancora di più screening dei bambini; dall’altro, servirebbero tutti quegli aiuti che possano migliorare le condizioni complessive economiche, nutrizionali della gente, in particolare dei bambini”.
Un altro ambito è la formazione dei manager: direttori degli ospedali, direttori dei centri di salute, autorità dei distretti che pianificano le attività sul territorio, con poche risorse umane e finanziarie. “Questo – afferma Manenti – è un lavoro che cerchiamo di fare dappertutto, capillarmente, con review meeting, incontri di revisione dove si analizzano i dati e si ragiona come allocare meglio le risorse”. Sul fronte della formazione “siamo a 999 manager formati, quindi al 67% dell’obiettivo in tre anni (in 5 anni 1.500): 305 il primo anno, 354 il secondo, 340 il terzo. Non sono corsi di laurea, sono momenti di incontro con questi manager che poi prendono le decisioni su come allocare le risorse. Nei 14 siti dove siamo, tra ospedali e distretti, è un lavoro continuo di supporto per migliorare la comprensione e la pianificazione”.
L’altro grosso capitolo sono gli specializzandi:
“Questo è un investimento non solo sull’Africa ma anche nostro, stiamo creando i professionisti del futuro”.
Andando in Africa da specializzandi “si impara una medicina diversa, più attenta alla persona per certi aspetti, perché diventa importante il risultato migliore possibile in quel contesto, in quel momento. L’importante è prendersi cura delle persone. Quest’anno abbiamo avuto 114 specializzandi, alcuni italiani, altri africani: specializzandi italiani lavorano con specializzandi africani; ad esempio a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, c’è una scuola di pediatria, c’è quindi anche questo scambio culturale e di tradizioni, crescono insieme. In 3 anni sono stati 325 gli specializzandi (65% del target), 111 il primo anno, 100 il secondo, 114 il terzo”. L’obiettivo sui 5 anni è 500 specializzandi. “Tutti gli specializzandi sono supportati da un nostro tutor che li accompagna in questo percorso formativo – chiarisce Manenti -. Tanti specializzandi, una volta diventati professionisti, ripartono per questi Paesi. Ma anche quelli che restano in Italia si pongono delle domande se tutto quello che si fa è basato sulle evidenze o anche sulle spinte del mercato, certe indagini diagnostiche sono eccessive. Creiamo quindi un vantaggio anche per noi: dei professionisti del futuro più attenti all’uso delle risorse e alle persone”.
Infine, “le ricerche operative, che rientrano anche nel lavoro degli specializzandi e fanno parte spesso della loro tesi di specializzazione. Quest’anno abbiamo pubblicato 22 ricerche su riviste internazionali, lavori di specializzandi italiani e università italiane, ma anche in collaborazione con specializzandi o università locali. Anche quest’attività è molto importante perché ci aiuta nella riprogrammazione quotidiana. In 3 anni, 64 ricerche (22 il primo anno, 20 il secondo, 22 il terzo), raggiungendo il 64% del target, che in 5 anni è di 100 ricerche”. “La formazione – conclude Manenti – illumina il nostro futuro. Così la nuova sfida di costruire una scuola per ostetriche a Bossangoa vuole dire dare formazione a persone locali per avere professionisti del futuro che potenzialmente restano, infermieri e ostetriche. In passato abbiamo costruito già altre scuole, come la scuola di Wolisso in Etiopia, 25 anni fa, perché il Cuamm nasce come collegio universitario di aspiranti medici missionari e in questi contesti c’è sempre bisogno di nuovi professionisti. Ora, ad esempio, stiamo cercando di far diventare la scuola di Wolisso un corso di laurea in Scienze infermieristiche e ostetriche”.