Attraverso la propria area Educazione, la Conferenza episcopale del Cile (Cech) ha chiesto al controllore generale della Repubblica di rigettare il decreto n. 115, emanato il 2 settembre 2024, sostenendo che viola i diritti fondamentali e contiene aspetti incostituzionali e illegali. Questo decreto – non ancora in vigore -, firmato dal presidente Gabriel Boric e dal ministro dell’Istruzione Nicolás Cataldo, modifica il decreto supremo n. 924 del 1983, che regola l’insegnamento della religione in Cile, cercando di attuare misure di riparazione derivanti da una sentenza della Corte interamericana dei diritti umani (Cidh). Il Comitato nazionale per l’educazione evangelica (Conaev) ha appoggiato la richiesta della Cech. Nel caso “Pavez vs. Cile”, allo Stato del Cile è stato ordinato di attuare una serie di misure per rimediare alla decisione di revocare il certificato di idoneità dell’insegnante di religione Sandra Pavez. Secondo la nota, sebbene la Cidh abbia ritenuto che il decreto n. 924 fosse pienamente conforme alla Convenzione americana dei diritti dell’uomo, che trattasse tutte le religioni allo stesso modo e che non contenesse disposizioni che potessero essere discriminatorie, ha richiesto al Cile di istituire una procedura per contestare le decisioni sull’idoneità degli insegnanti di religione negli istituti pubblici, ma senza richiedere altri cambiamenti strutturali.
La Conferenza episcopale ha presentato un esposto, sostenendo che il decreto n. 115 va ben oltre quanto indicato dalla Cidh, in quanto “mantiene il nome del certificato di idoneità ma ne modifica il contenuto, violando la libertà religiosa e compromettendo gravemente l’autonomia di tutte le confessioni religiose nel determinare l’idoneità di coloro che possono insegnare religione. Questo perché stabilisce una procedura in cui il sottosegretariato all’Educazione interverrebbe in caso di revoca o negazione del certificato di idoneità, rivedendo le decisioni delle autorità religiose”. Inoltre, ha sottolineato che solo con una legge il presidente della Repubblica può definire le attribuzioni dei servizi pubblici, escludendo la loro delega ad altre autorità.