Quattro italiani intervistati su 10 ritengono la mafia “meno violenta rispetto al passato”. La stessa quota di quanti la considerano altrettanto violenta. Mentre il 16% la percepisce “più “violenta”. Ben il 54 per cento degli italiani ritengono oggi la mafia connessa o legata con i professionisti e colletti bianchi. E’ quanto emerge dai primi dati del sondaggio di Libera condotto da Demos sulla percezione del fenomeno mafioso dove si evidenzia che si è consolidata l’abitudine a guardare la mafia come un fenomeno “normale”. Un male da cui è difficile, anzi, impossibile “liberarsi”. Con il quale è, dunque, necessario “convivere”. Ma proprio per questo risulta più “inquietante” in quanto è “data per scontata”. D’altronde quasi i due terzi dei cittadini (per la precisione il 64%) pensano che se ne parli troppo poco. Anche un anno fa questa opinione era condivisa da una quota ampia, tuttavia, più ridotta: il 54%. Cioè, 10 punti di meno. La mafia fa meno notizia, e per questo motivo rischia di venire sottovalutata dai cittadini. Solo il 10% ritiene che l’informazione, al proposito, sia “corretta” e il 6% “approfondita”.
Cambia negli ultimi anni la percezione dei settori dove le mafie sono più attive: metà dei cittadini intervistati, infatti, continua a guardare al traffico di droga e agli appalti pubblici come i settori più “remunerativi” per la presenza mafiosa, mentre resta elevata (ma in calo) la preoccupazione per l’azione della mafia nell’edilizia e, ancor più, negli “eco-reati”, come la gestione e lo smaltimento dei rifiuti (complessivamente per il 20% degli intervistati). Fra gli altri settori “critici”, agli occhi dei cittadini mantengono un “rilievo rilevante”, per quanto non prioritario, gli “investimenti finanziari e immobiliari”. La ‘ndrangheta si conferma tra le mafie più pericolose, per il 28% degli intervistati, in crescita rispetto al rilevamento del 2023. Seguita, a distanza, dalla “mafia cinese”, che nella percezione degli italiani, preoccupa più della “camorra” e di “Cosa nostra”.
“I dati presentati – commenta Francesca Rispoli, copresidente di Libera nazionale – richiamano la nostra attenzione su quanto le mafie siano riuscite a rendersi meno preoccupanti per i cittadini. Il progressivo allargamento dell’area grigia”, quello spazio di collaborazione tra legale (le professioni, i cosiddetti “colletti bianchi”) e illegale (gli immutati uomini dei clan) ha consentito alle organizzazioni criminali di differenziare i loro business, affiancando ai traffici noti (in primis, quello della droga, in costante crescita) la gestione di nuovi mercati, in cui il confine tra legale e illegale si fa più sfumato e la presenza della violenza come strumento di assoggettamento è meno necessaria”. Rispoli sottolinea come sia “importante ribadire che la lotta alle mafie è possibile solo attraverso un’azione composita e su piani diversi che deve vedere lavorare insieme tutte le istituzioni, coinvolgendo oltre agli apparati repressivi la scuola, l’università, il mondo della cultura e delle professioni, la società civile tutta. Soprattutto abbiamo bisogno della piena applicazione dell’impianto normativo esistente e non indebolimento delle norme e degli organismi di controllo.”