“Una rivoluzione di sé. La vita come comunione (1968-1970)”, curato da Davide Prosperi (Rizzoli), ultimo libro di Luigi Giussani, è stato presentato ieri sera all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il volume raccoglie gli interventi svolti fra 1968 e il 1970 da don Giussani presso il Centro culturale “Charles Péguy”, dal quale sarebbe poi sorto il movimento di Comunione e Liberazione. Durante l’incontro, organizzato da Comunione e Liberazione e dal Centro Culturale di Milano (CMC), sono intervenuti Onorato Grassi, docente emerito di storia della filosofia medievale, Lumsa; Silvano Petrosino, docente di antropologia filosofica, Università Cattolica; Alessandro Poltronieri, dottorando di filosofia teoretica, Università di Bari e Eugenia Scabini, docente emerito di psicologia sociale, Università Cattolica e cofondatrice del centro culturale “Péguy” nel 1964 moderati da Francesco Cassese, responsabile della Fraternità di Comunione e Liberazione per la diocesi di Milano secondo il quale Giussani colse l’istanza profonda del sommovimento culturale e sociale del Sessantotto, che indicava il risveglio del desiderio di autenticità nella vita e di cambiamento del mondo, ma sviluppò una proposta per molti versi controcorrente: mentre tutti volevano imporre le proprie immagini rivoluzionarie della politica e della società, Giussani continuò a sostenere che solo nella comunione cristiana è possibile sperimentare la vera liberazione, cioè l’avvento di un mondo più umano concretamente sperimentabile dalla persona. Per la Scabini Giussani in quel periodo era nel pieno della sua maturità, eppure si trovava in una situazione precaria. Nel 1965 Gioventù Studentesca viene riconosciuta ufficialmente dalla diocesi di Milano, ma a Giussani (che aveva dato vita a GS) viene chiesto di proseguire i suoi studi negli Stati Uniti. Al rientro, scopre che circa metà dei “suoi” ex studenti hanno preso strade diverse che sottolineavano l’impegno etico e sociale piuttosto che l’aspetto religioso. Ha reagito rilanciando i suoi pochi rimasti. “Quando ci trovammo la prima volta con lui nel 1968 – ha etto – delle 180 persone che erano lì, una sola proveniva dall’esperienza iniziale di GS, ma per Giussani è un’unità profonda, è la storia che continua”. Per Grassi il volume fa capire come è nato o rinato il movimento sottolineando che Giussani era un lottatore, era come se vedesse qualcosa presente in quel momento e usava le parole per descrivere quello che stava avvenendo davanti ai suoi occhi in quel gruppetto di persone, in quella amicizia in cui lui riscopriva il Mistero che si incarna in un particolare. Era rimasto solo un “piccolo resto”, ma quel resto può cambiare tutto. Neanche Giussani immaginava cosa sarebbe stato, ma non contava cosa sarebbe avvenuto, contava quello che c’era lì. Per Petrosino di solito i libri riportano tesi “esterne” a chi scrive, invece questo non è un libro di filosofia o di teologia, mentre Giussani è personalmente “dentro” al discorso che sta facendo. Si può essere contro CL o non condividere le analisi o le scelte del movimento, ma “se si ha un minimo di onestà non si può non riconoscere l’autenticità del discorso, di cui questo libro fa emergere il momento sorgivo”. Per Poltronieri Giussani si rivolgeva a giovani tra i 25 e i 30 anni, e lui non ha voluto risparmiare a nessuno la sua proposta di un cristianesimo esigente e radicale.