Nel corso dell’ultimo secolo, il diabete è passato dall’essere una patologia orfana di terapia, fortemente invalidante e con un’aspettativa di vita decisamente ridotta, ad una condizione cronica, ben gestibile e che permette di condurre una vita piena, al pari di tutte le altre persone. Merito dei progressi della terapia, di farmaci sempre più smart e a lunga durata d’azione, ma anche della tecnologia, in particolare per le persone affette da diabete di tipo 1. “Lo sviluppo di tecnologie avanzate e di algoritmi matematici, che fanno dialogare tra loro i sensori per la rilevazione dei livelli di glicemia, con i microinfusori di insulina – spiega in occasione del World Diabetes Day che si celebra il 14 novembre di ogni anno, Dario Pitocco, associato di Endocrinologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della Uosa di Diabetologia della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs –, ha consentito a tante persone con diabete di tipo 1 (malattia autoimmune che porta alla distruzione delle cellule beta pancreatiche), di migliorare in maniera significativa il proprio compenso metabolico e dunque la qualità di vita, proteggendoli dalla comparsa delle complicanze più temibili del diabete (retinopatia, insufficienza renale terminale, amputazioni, eventi cardio-vascolari)”. Oggi, “grazie alla tecnologia, siamo in grado di rimpiazzare la funzionalità insulinica, in questi pazienti che non la producono più”. Un grande progresso: “Fino alla fine degli anni ’90 –ricorda Pitocco – l’insulina veniva fatta per ‘sopravvivere’” e “la vita di una persona con diabete di tipo 1 era costellata di numerosi episodi di ipoglicemia”; oggi la tecnologia “consente di mantenere stabili i valori di glicemia, molto vicino al fisiologico, come abbiamo di recente dimostrato in un nostro studio pubblicato su Diabetes, Obesity and Metabolism e questo consente di affrontare una giornata di sport, studio, lavoro in maniera normale, al pari dei coetanei non affetti da diabete”.
Al momento, solo il 43% delle persone con diabete di tipo 1 utilizza il sensore, e solo il 22% il microinfusore. Ma l’arrivo negli ultimi anni di sistemi sempre più smart sta aumentando il tasso di utilizzo, soprattutto tra i giovani. “Siamo nettamente sotto la media dei Paesi europei occidentali –Pitocco – dove l’utilizzo del microinfusore si attesta intorno al 45%, cioè in quasi una persona su due, mentre noi siamo ancora a una persona su 5. Nel diabete di tipo 2 l’impiego della tecnologia è ancora bassissimo, intorno all’1%”.