Corridoi universitari: Caritas Ambrosiana, a Milano altri 6 rifugiati. Gualzetti, “investire su canali regolari conviene”

Machar, sudsudanese rifugiato in Kenya, e Angelina, congolese rifugiata in Zambia, sono atterrati ieri a Malpensa. Studieranno rispettivamente in Bocconi e alla Statale, e con il loro sbarco a Milano – si legge in un comunicato di Caritas Ambrosiana – si completa il contingente dei 6 arrivi programmati, nelle ultime settimane nella diocesi di Milano (altri se ne sono registrati in vari territori italiani), nel quadro del progetto Unicore 6.0. L’iniziativa è promossa e sostenuta da Unhcr, Caritas Italiana e diverse Caritas diocesane (tra cui l’Ambrosiana), Diaconia Valdese e Centro Astalli, e ha come partner 38 Università italiane. La sesta fase dei Corridoi universitari, esperienza avviata nel 2020, fa salire a 18 il numero degli studenti rifugiati, di cui 5 nel frattempo laureatisi, accolti in 4 atenei milanesi (coinvolti anche Politecnico e Bicocca). “Si tratta di giovani selezionati da Unhcr nei campi profughi di alcuni paesi africani per mettere a frutto i loro talenti in un ambiente accademico qualificato e in un contesto comunitario accogliente: dall’inizio del progetto, sono 11 le donne e 7 gli uomini di 6 nazionalità (5 sudsudanesi, 4 eritrei, 3 burundesi, 3 congolesi, 2 ruandesi e 1 somala) giunti a Milano per costruirsi un futuro solido e di successo, mettendosi alle spalle un passato di violenze, sradicamenti, sofferenze. I loro settori di studio, in vista della laurea magistrale e grazie a corsi in lingua inglese, sono svariati: dal marketing all’economia, dal management aziendale a quello di organizzazioni internazionali, dalle biotecnologie alla medicina”.
“L’esperienza dei Corridoi universitari – osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana – dimostra che è possibile governare il fenomeno delle migrazioni in modo efficace, controllato, rispondente agli interessi di un Paese che accusa evidenti lacune demografiche, e allo stesso tempo capace di affermare i diritti di persone che soffrono. All’Italia e all’Europa serve una volontà politica che, con lucidità, investa in maniera convinta sulla gestione di canali regolari di ingresso più ampi, e soprattutto sottratti a norme che rispondono più ai dettami della propaganda che a criteri di buon governo”.

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