“Un copione, un canovaccio, una routine perversa: l’ennesima giovane vita. L’ennesimo funerale. Gli ennesimi appelli. L’ennesima indifferenza e impotenza. L’ennesima voglia di non parlare, di non dire nulla poiché nulla è rimasto da dire e il tempo delle parole è ormai finito. Perché non ci sono parole che possano lenire il dolore di due genitori, di una famiglia che vede spezzata la vita del proprio figlio. E come comunità, come Chiesa, siamo qui per condividere questo dolore. Siamo qui per portare insieme il peso di una sofferenza che è troppo grande per essere sopportata da soli”. Lo ha detto oggi, nella basilica Santa Maria della Sanità, l’arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, nell’omelia dei funerali del quindicenne Emanuele Tufano, ucciso una settimana fa in una sparatoria.
“Quindici anni. Un’età in cui si sogna, si scopre il mondo, si costruiscono speranze. E invece, oggi ci troviamo di fronte a una morte assurda che lascia dentro di noi un vuoto terribile e uno sconcerto che sembra non passare. Ci chiediamo il perché – ha affermato il presule -. Perché tanta violenza? Perché dei ragazzi uccidono? Cosa e dove stiamo sbagliando? Perché molti nostri giovani sembrano essere attratti da appartenenze oscure piuttosto che da possibilità di luce e di bene? E noi adulti siamo ancora capaci in questa città di testimoniare queste possibilità, di accogliere e raccogliere il grido disperato e inconsapevole di tanti suoi figli? Queste domande ci abitano il cuore, e spesso restano senza risposte. Ma proprio in momenti come questo, quando la disperazione sembra prendere il sopravvento, l’unica sorgente di speranza in cui intingere il nostro dolore è quella del Vangelo. Come discepoli di Gesù, solo nelle ‘parole di vita eterna’ del Maestro possiamo trovare una speranza che supera la morte stessa”.
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Forse, ha osservato l’arcivescovo, “questo è il nostro grido e la nostra preghiera oggi. Forse questa è la preghiera carica di rabbia e disperazione dei tanti che sono rimasti attoniti dinanzi a quest’ennesima morte violenta e senza senso. Dio mio, perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i tanti ragazzi che a volte anche a causa di scelte sbagliate e ambienti che non sanno custodire la vita si ritrovano a morire così giovani, così piccoli? Possibile che Napoli continui a partorire molti dei suoi figli per poi sacrificarli sull’altare di un’inutile e insensata violenza?”.
Sono queste “le nostre preghiere oggi, queste le nostre domande, domande che pesano come macigni, che annebbiano la vista dell’anima, imprigionandoci nel buio della morte e della disperazione. Ma il Vangelo ci dice che la morte di Gesù non è stata l’ultima parola e che il Padre non ha permesso che la pietra sepolcrale si trasformasse in un sipario pesante e definitivo sulla Sua vita. Il buio del Venerdì Santo è stato infatti illuminato dalla luce della Resurrezione. Ed è quella luce, oggi, che vogliamo e dobbiamo celebrare. E a quella luce che oggi dobbiamo affidare Emanuele”.