La notizia, diffusa a pochi giorni dal convegno “Archivi in dialogo”, interamente dedicato ad Andrea Camilleri, ha rivelato la presenza di uno scritto del maestro agrigentino (nato a Porto Empedocle il 6 settembre 1925) conosciuto in tutto il mondo, e pochi giorni fa tra i protagonisti della Buchmesse di Berlino nel padiglione italiano. Tra i diversi relatori dell’evento che si svolge questo venerdì 25 ottobre in Palazzo Grifoni a San Miniato (Pisa), con inizio alle 15, anche Alexander di Bartolo, l’archivista della Fondazione Istituto dramma popolare, cui si deve la scoperta.
Come è riuscito a trovare questo testo di Camilleri?
Durante la fase di sistemazione dell’archivio del Dramma popolare, alla fine del 2021, stavo sistemando la ricchissima sezione dei copioni, una delle più numerose. Dovevo approntare l’inventario analitico del fondo e quindi sfogliavo centinaia di pagine al giorno per catalogarle correttamente, descrivendo, oltre al titolo del copione e al numero di pagine complessive, anche l’autore e l’anno. Questo fascio di carte dattiloscritte non era però siglato o firmato. Ho iniziato quindi a fare delle ricerche più approfondite, quelli che noi chiamiamo “scavi archivistici”, per tentare di dare una paternità allo scritto. Il ritrovamento del “Santo nero” è stato quindi un mix di fortuna e perseveranza nel cercare una risposta.
Il “Santo nero” è un testo mai edito da Camilleri, lo può presentare?
Diciamo subito che il titolo completo è in realtà “Il Santo nero. Ex voto in tre atti”. Il titolo di quel copione mi intrigava molto, sia perché di santi con quell’appellativo ne conoscevo ben tre, e poi perché il sottotitolo richiamava gli ex-voto, facendomi pensare a una forte devozione popolare, ai miracoli, che solitamente inducono i fedeli a donare oggetti a memoria di una grazia ricevuta. Poi però sfogliando l’interno del copione non ho avuto dubbi, si trattava di san Calogero, patrono di Porto Empedocle e molto venerato in tutto l’agrigentino e oltre. Il testo è databile al 1950 ed è rimasto nell’ombra per oltre settant’anni, senza che nessuno ci riponesse attenzione. Si tratta di un copione diviso in tre atti, dove sono presentati come dei quadretti popolari della vicenda agiografica di san Calogero, il santo venuto dalla Tracia e sbarcato nelle coste siciliane tra il V e il VI secolo, secondo una delle tradizioni agiografiche.
Quali sono le ragioni della presenza di un copione simile proprio nell’archivio del Dramma popolare?
Le ragioni, che ho potuto appurare dopo settimane di ricerche, sono in apparenza semplici. Il Dramma popolare aveva indetto un concorso drammaturgico per l’Anno santo 1950. Il concorso chiedeva a giovani scrittori di teatro di inviare testi inediti a soggetto libero, ma pur sempre nel solco delle finalità di un istituto di ispirazione cristiana. Doveva quindi essere un “dramma sacro”, con soggetto religioso, che facesse riflettere il pubblico di allora sui temi di fede. Alla segreteria del Dramma popolare giunsero decine e decine di copioni, da autori provenienti da tutta Italia, e anche da Roma, dove Camilleri frequentava l’Accademia di arte drammatica fondata da Silvio D’Amico, era partito un plico con una proposta drammaturgica, il nostro “Santo nero”.
Com’è riuscito a dare un nome a questo dattiloscritto?
La ricerca è stata piuttosto complessa. Ho sfogliato centinaia di lettere relative al carteggio degli anni 1950, 1951 e 1952. Tra i documenti rinvenuti anche gli atti notarili che registravano l’arrivo di tutti i plichi e i verbali delle riunioni dell’allora commissione scientifica che doveva valutare i testi. Una commissione di nomi prestigiosissimi per l’epoca: Silvio D’Amico, Carlo Vico Lodovici, Nicola Lisi, Pietro Parigi, Arturo Loris. Tra i “finalisti” del concorso anche il testo su san Calogero del giovane studente Camilleri. Il nome non era scritto sul copione, perché si richiedeva ai concorrenti l’anonimato, ma era indicato, insieme a un motto di riconoscimento, all’interno di un’altra busta sigillata, inviata nel medesimo plico insieme al copione. Un meccanismo di grande serietà e imparzialità. Tutti i concorrenti, al termine della selezione, erano stati poi ricontattati per verificare se fossero interessati alla restituzione. E uno dei destinatari di queste lettere era proprio Andrea Camilleri.
Qual è stata l’emozione di questa scoperta?
A dire il vero sono sobbalzato dalla sedia. Mi è capitato spesso di avere tra le mani lettere e carteggi di personaggi illustri della storia, della politica o della letteratura dopo vent’anni di ricerche per gli archivi di tutta Italia, ma mai di un autore così famoso agli occhi dei contemporanei, un maestro della letteratura italiana. L’emozione della scoperta è legata anche al fatto che Camilleri è un autore frequentato spesso in famiglia, soprattutto attraverso la lettura dei suoi romanzi e racconti. Quindi solo il pensare di avere tra le mani un copione di un autore tra i più apprezzati e seguiti a casa, mi emozionava. Le sensazioni di unicità del ritrovamento sono poi andate “alle stelle” quando ho scoperto che il testo non solo era inedito nei volumi a stampa, ma anche mai rappresentato su un palcoscenico. E per avere queste informazioni di fondamentale importanza è stato significativo il dialogo con il Fondo Andrea Camilleri a Roma, l’archivio che raccoglie tutti i documenti dell’autore siciliano, voluto fortemente dalla famiglia. A loro sono infinitamente grato per la disponibilità e per aver assecondato le mie ricerche.
Cosa ne pensa di questo testo teatrale giovanile sulla vita di san Calogero?
Premetto che non sono uno specialista di letteratura drammaturgica, quindi leggo un testo teatrale senza avere strumenti per una valutazione delle qualità intrinseche. Posso dire soltanto che si tratta chiaramente di un testo giovanile, quasi di una esercitazione accademica. Camilleri si stava confrontando con gli esami di scrittura teatrale e di regia, avendo come maestro il grande Orazio Costa nell’Accademia di Roma, quindi non è certo un testo maturo, di uno scrittore affermato, è un testo giovanile che si confronta su un argomento a lui tanto caro, la devozione a san Calogero, “il santo nero” di cui spesso parla nei suoi libri e anche nelle interviste sulla sua vita. Leggendo il copione in anteprima e approfondendo poi il pensiero di Camilleri in merito alla religione, ho potuto innanzitutto comprendere la sua profonda conoscenza della vita del “santu de li grazi”, come direbbe in siciliano lo stesso Camilleri. Di conseguenza mi pare di percepire un grande rispetto per la figura di questo eremita venuto da lontano ad aprire gli occhi dei suoi contemporanei al messaggio cristiano. Un testo che, letto oggi, dimostra una grande attualità per i temi che emergono nei dialoghi e soprattutto nei monologhi del santo.
*Toscana Oggi