Il Centro di ascolto “Don Renzo Beretta” di Como e il servizio di coordinamento per la grave marginalità “Porta aperta” domenica 27 ottobre ricorderanno i 25 anni dall’apertura condividendo un momento di festa con ospiti, volontari, operatori e tutti gli amici da sempre vicini a questi importanti servizi della Fondazione Caritas Solidarietà e Servizio Onlus, braccio operativo della Caritas diocesana di Como. Due i momenti di condivisione previsti: alle 15 la messa al santuario del Crocifisso (in viale Varese 25) e, a seguire, una castagnata offerta da volontari e operatori. “Quella di domenica – spiega il direttore della Caritas diocesana, Rossano Breda – sarà soprattutto un’occasione per dire insieme grazie ai volontari e agli operatori che in questi venticinque anni si sono messi in gioco per permettere a Porta aperta e al Centro di ascolto di Como di accogliere e accompagnare migliaia di persone”.
Inizialmente i due servizi erano concentrati in un solo ufficio che portava il nome di “Centro di ascolto” e che dal 1986 aveva iniziato la sua attività in un piccolo spazio all’interno della sede Caritas di piazza Grimoldi a Como. Nel 1989 è avvenuto lo spostamento in via Tatti 16, dove il Centro di ascolto ha operato fino all’inizio del 1999, quando la barbara uccisione di don Renzo Beretta a Ponte Chiasso portò alla temporanea sospensione del centro e ad una successiva riorganizzazione dei servizi. La riapertura avvenne nel settembre 1999 nella formula attuale: Porta aperta rivolto prevalentemente ai senza dimora, Centro di ascolto per le persone o le famiglie che hanno un’abitazione ma vivono situazioni di fragilità. Dalla sua apertura ad oggi Porta aperta ha accolto oltre 22 mila persone. Nel solo 2023 – grazie ai 6 operatori e 16 volontari – le persone incontrate sono state 954 per un totale di 4.842 colloqui. Il numero di accessi al Centro di ascolto ha subito oscillazioni negli anni. Negli ultimi cinque anni le persone o famiglie ascoltate è di 1472 con un totale di 2738 colloqui. Nei primi nove mesi del 2024 le persone accolte sono state 155.
“Al di là dei numeri, certamente importanti – conclude Breda – emerge un progressivo aumento della complessità dei singoli casi. Oggi aiutare una persona non significa semplicemente dare risposta ad un bisogno specifico, ma farsi carico di un accompagnamento a 360 gradi. Per questo il lavoro in rete, sia con gli enti del terzo settore che con le istituzioni, diventa imprescindibile. È forse questa la differenza più importante rispetto a 25 anni fa: la volontà di costruire reti sul territorio, dentro e fuori la Chiesa, in un’ottica di vera sussidiarietà”.