Una delegazione della Caritas diocesana di Mantova, insieme al vescovo Marco Busca, si è recata in questi giorni in Bosnia, nell’ambito del gemellaggio ultraventennale con la diocesi di Banja Luka. “La presenza dei cattolici in quel territorio – si legge nella nota di Manuela Daolio pubblicata oggi sul sito web della diocesi di Mantova – è una minoranza che deve lottare ogni giorno per mantenere vivo il ricordo delle stragi subite durante la guerra negli anni ’90, ricordo che i libri di storia locali tendono a disconoscere o minimizzare”.
L’occasione della visita è stata l’incontro il vescovo Željko Majić, recentemente insediatosi in diocesi.
In Bosnia, prosegue Daolio, “Caritas Mantova nel tempo ha sostenuto molti progetti: la loro realtà è molto diversa dalla nostra e spesso va a compensare bisogni per i quali lo Stato non fornisce servizi; negli anni infatti è stata costruita un’azienda agricola con l’obiettivo di far lavorare persone, far acquisire delle competenze e promuovere un prodotto storico locale quale il formaggio dei monaci trappisti (oggi l’azienda attraversa un forte momento di crisi dovuto sia ai cambiamenti climatici, sia all’aumento dei prezzi con la guerra in Ucraina oltre alla crisi economica interna al Paese e alla difficoltà di esportare i loro prodotti); una casa di riposo e una scuola materna sono altre realtà finanziate e gestite dalla Caritas locale, all’interno delle quali vengono inserite figure formate alla Scuola di Formazione professionale, sempre finanziata e coordinata da Caritas Banja Luka”.
Il prossimo anno compirà 25 anni il gemellaggio tra le due diocesi: “Il Giubileo – sottolinea Daolio – sarà l’occasione per accogliere una loro delegazione, rinsaldare il legame, mettere in pratica nuovi progetti che in questi pochi giorni sono stati abbozzati. Per la nostra Chiesa è un’occasione preziosa di arricchimento culturale e spirituale, le difficoltà che loro vivono nella mancanza di dialogo interreligioso e le strategie che mettono in atto possono essere per noi di ispirazione nella nostra società attuale che vede classi miste dove talvolta la prevalenza è di stranieri”. “Quindi – conclude – la direzione è quella di smontare un po’ la logica di un gemellaggio in cui uno dà e l’altro riceve, perché si può davvero crescere e imparare l’uno dall’altro”.