“Il missionario, meglio il sacerdote, suora o laico/a, che si prende a cuore la cura spirituale dei propri connazionali residenti come lui/lei in una nazione altra dalla propria, è colui che dovrebbe ‘mostrare’ gli effetti della presenza di Dio nella sua vita, colui che è cosciente del fatto che il frequentare Dio, nutrirsi di Lui, Parola ed Eucarestia, accogliere Lui nel fratello e nella sorella che incontriamo ogni giorno, mettendosi al loro ‘servizio’, sia la cosa più normale, bella e saggia che una persona possa fare”. Lo scrive don Valeriano Giacomelli – per circa venti anni sacerdote a fianco degli italiani in Romania e da poco parroco a Torino – sul settimanale della comunità italiana in Romania “Adeste” in occasione della Giornata missionaria mondiale che si è celebrata ieri. Per il sacerdote – appartenente ala Congregazione fondata da don Orione e già delegato delle Missioni cattoliche italiane in Romania – occorre far giungere ai “nostri connazionali, tramite il passaparola, tramite i normali mezzi di comunicazione e, perché no, valorizzando e chiedendo ‘ospitalità’ ai vari gruppi social di associazioni italiane già presenti sul territorio, la notizia che, in questa o quella città, c’è una Messa in Italiano, ci sono in lingua italiana delle iniziative di tipo aggregativo, catechetico/pastorali”. L’esperienza al fianco degli italiani che, per vari motivi, si ritrovano a vivere di passaggio o più o meno stabilmente in Romania ha accresciuto in don Giacomelli “la convinzione che, per poter rafforzare e/o sostenere la vita di fede, speranza e carità dei nostri connazionali, occorre innanzitutto mettersi umilmente al loro fianco tramite un atteggiamento di ascolto empatico e, con tanta delicatezza, ma anche risolutezza, cercare di aprire loro la mente e il cuore affinché colgano la presenza di Dio che è un buon Padre che ricopre ogni persona del suo affetto e che viene sempre incontro a tutti per accoglierli o riaccoglierli”.