Cooperazione internazionale: Beccalli (rettore Univ, Cattolica), “pensare a programmi di lungo periodo”

“La cooperazione internazionale è uno dei tratti identitari della nostra storia universitaria”. Lo ha detto il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Elena Beccalli, aprendo ieri il convegno internazionale “Ripensare la cooperazione internazionale” che si chiude oggi nella sede di Brescia dell’Ateneo, con 26 relatori e diverse tavole rotonde.” “Da sempre – e in futuro con ulteriore convinzione – l’Ateneo assegna particolare attenzione a tutto ciò che si muove attorno alla cooperazione internazionale”, ha affermato il rettore evidenziando l’approccio “realista e in un certo senso ottimista” perché “affrontiamo questi temi con la consapevolezza delle potenzialità e dei limiti che a essa sono ricondotti, richiamandoci a quella idea di sviluppo economico che trova le sue origini nel mondo cattolico, se non proprio nel nostro Ateneo”.
Per mons. Angelo Vincenzo Zani, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, “alle nuove sfide si deve rispondere con una progettualità basata su una solida visione antropologica che sappia immettere nel tessuto sociale e nelle relazioni tra Paesi i pilastri fondamentali quali: l’etica della vita, la libertà responsabile, il bene umano e globale, la solidarietà a tutti i livelli, la fraternità universale. In tale senso, la cooperazione internazionale è uno degli strumenti più efficaci, anche se non esclusivo, per raggiungere l’unità della comunità umana e il bene comune”.
Il rettore Beccalli suggerisce a questo proposito l’importanza di riprendere l’esperienza dell’Eni di Enrico Mattei e di Marcello Boldrini, professore della Cattolica, “per aver attribuito centralità alla formazione della classe dirigente locale, a indicare lo stretto legame tra educazione e sviluppo economico-sociale delle aree più povere”. Di qui la necessità di “pensare a programmi di lungo periodo con l’idea del reciproco interesse tra l’Europa e le aree più povere del pianeta”. Una prospettiva che per molti aspetti “riprende l’esperienza dell’Eni e della quale si comprende la rilevanza anche oggi, nella fase di elaborazione del Piano Mattei per l’Africa” e che sta portando l’Università a coordinare in un piano le proprie attività di cooperazione con l’Africa.

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