Preti stranieri, la missione che abita in Italia

Il contributo degli 800 sacerdoti provenienti da altri Paesi in servizio nella Chiesa italiana. Don Justin Chibueze Utazi e l’esempio della diocesi di Monreale

Don Justin con don Davide Rasa (Foto Missio)

Sono circa 800 i sacerdoti stranieri in servizio pastorale in Italia. Arrivano prevalentemente dall’Africa, seguiti nell’ordine dall’Asia, dall’Europa dell’Est e dall’America Latina. “La loro dovrebbe essere un’esperienza circoscritta nel tempo, ma di fatto, ogni anno, almeno 20-25 scelgono di incardinarsi in diocesi”, spiega Anna Rita Turi dell’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese. “Si dovrebbe curare di più il loro accompagnamento ma, il rischio è quello di trasformare delle risorse in tappabuchi”. Soprattutto a fronte della crisi delle vocazioni in Italia e del numero sempre più esiguo di fidei donum in partenza.

Esistono tuttavia esempi riusciti di accoglienza, come nella diocesi di Monreale.

“Per noi, i preti stranieri sono stati da sempre delle presenze costanti”, racconta don Dario Russo, direttore del Centro missionario diocesano. Tra loro c’è anche don Justin Chibueze Utazi, classe 1984, da due anni al servizio della Chiesa monrealese, nella parrocchia “Maria Santissima della Provvidenza” di Terrasini.

(Foto Missio)

La sua è una storia particolare. Cresciuto a Nimbo, in Nigeria, in una famiglia di sette persone, la sua vocazione è nata in casa, grazie al lavoro del padre. “Era un sarto, realizzava abiti liturgici per vescovi e sacerdoti; vedendoli nella sua bottega, sono stato attratto dalla loro presenza”.

Una vita cucita per servire Dio e il prossimo, quindi, “disponibile ad accettare ogni responsabilità pastorale”,

compresa la proposta del vescovo di Nsukka ad andare a Monreale. Nonostante le difficoltà legate alla lingua, don Justin Chibueze Utazi si sente “pienamente accolto a Terrasini, un comune di 12mila abitanti a 40 chilometri da Palermo” dove tutti sono sempre ben disposti verso di lui. In primis, il parroco.
Chiamato in causa, don Davide Rasa, che è anche vice direttore del Centro missionario diocesano di Monreale, afferma che “questo tipo di esperienza è fonte di crescita per tutti. Un sacerdote straniero coinvolto in toto, infatti, porterà via con sé un bagaglio che gli sarà utile, così come la comunità ospitante si arricchirà di nuove idee e farà cerchio intorno a lui per non farlo sentire mai solo”.
La Nigeria, in effetti, gli manca, insieme alla famiglia e alle liturgie animate ma, pur tra le differenze, a Terrasini progetta di “imparare di più” mentre svolge il suo ministero. È il contributo di un sacerdote straniero in questo tempo e in questo spazio, quando viene reso partecipe: “Il sacrificio offerto nell’impegno verso Dio toccando la vita delle persone”.

*Popoli e Missione

 

 

 

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